mercoledì 10 settembre 2014
Migliaia di persone ai funerali delle tre missionarie. Padre Macìas: "Erano delle sorelle piene d’amore". Dubbi sul movente del triplice omicidio. LE FOTO
Gettate come seme nella terra amata di Marina Corradi
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Commozione. Dolore. Un forte sentimento di gratitudine. Diverse migliaia di persone hanno assistito a Bujumbura ai funerali delle tre suore italiane trucidate domenica nel loro convento, nella zona nord della capitale del Burundi. Alla Messa erano presenti anche molti religiosi e decine di diplomatici stranieri che hanno voluto rendere omaggio alle anziane missionarie saveriane Olga Raschietti, Lucia Pulici e Bernardetta Boggian. Poi le salme delle tre donne sono state trasferite a Bukavu, nella Repubblica democratica del Congo. Nel vicino Paese africano le religiose avevano per anni testimoniato la loro fede, sempre al servizio dei poveri, prima di arrivare in Burundi. E lì che domani verranno sepolte nel cimitero di Panzi, accanto ad altri missionari morti o uccisi nel Continente africano.

Raggiunto dalla Radio Vaticana il padre saveriano Rubén Macìas ha detto che alla Messa oltre ai vescovi del Burundi erano presenti tante autorità "e, soprattutto, c’era un popolo di Dio che soffre di questa violenza, che vuole proclamare che l’amore deve vincere tutto. Una moltitudine di gente". Tra le persone "Ci sono sentimenti contrastanti - ha aggiunto padre Macìas - perché sono state assassinate con una violenza, con una crudeltà inimmaginabili...  Erano delle sorelle piene d’amore! In questa cerimonia abbiamo voluto proclamare proprio questo: l’amore che vince malgrado tutto. L'arresto di quell’uomo che è stato fermato ieri ha dato un po’ di sollievo ai nostri cuori, ma quella violenza non può vincere l’amore di queste sorelle che hanno dato la loro vita, più di 40 anni, per l’Africa" Il presidente della Conferenza episcopale del Paese africano, Gervais Banshimiyubusa, ha intanto chiesto l'istituzione di una commissione indipendente che permetta di scoprire "la verità" sulla brutale aggressione. Segno che ancora non convince appieno la confessione del 33enne che ha sostenuto di aver ucciso le tre missionarie saveriane dopo aver scoperto che il convento sorge su un terreno che era di proprietà della sua famiglia. Anche padre Macìas in merito ai dubbi che restano sull'assassino, ha qualcosa da dire: "Occorre sapere se ha operato da solo. Lui ha confessato. La polizia è sicura che aveva il numero di telefono della sorella Lucia e anche la chiave della casa. Allora sono tanti, tanti, gli elementi per dire che sia lui l’assassino. Io l’ho visto, sono stato di fronte a lui, occhi negli occhi… Non è un matto: è un uomo che sapeva quello che faceva. Allora lo ha fatto da solo? È questo il nostro interrogativo". Di certo la motivazione indicata dal giovane arrestato nella confessione, cioè che le suore stessero in un edificio costruito sopra un terreno appartenente alla sua famiglia, lascia attoniti. "Quella è una bugia! - sostiene infatti padre Macìas -. Le sorelle non hanno proprietà. Vivevano nella proprietà della parrocchia che appartiene alla diocesi. È una bugia grande come il pianeta Terra!" Quindi le vere motivazioni che hanno spinto a questo orribile triplice omicidio restano tutte da chiarire. "Perché - aggiunge il religioso - è incomprensibile un fatto del genere; conosceva i movimenti delle suore, sicuramente conosceva la casa … Nulla può spiegare una violenza del genere. Non è umano! Non è umano!"

In quanto alla sicurezza dei missionari il saveriano ha ricordato che "ogni missionario che viene in terra di missione sa che può trovare questo rischio. Non possiamo avere la sicurezza. Noi siamo missionari, non siamo politici o altre persone che hanno bisogno di una sicurezza totale. La nostra sicurezza è Cristo e il Vangelo che proclamiamo: il resto è nulla. La notte, quando suor Bernardetta è stata uccisa, la parrocchia era circondata da un centinaio di poliziotti e nonostante questo sappiamo cosa è accaduto. Questo solo per dire che non è una questione di sicurezza; purtroppo questo cose accadono quando il Vangelo dell’amore si predica in mondo violento come questo. La croce di Cristo non è una croce che dobbiamo temere. Dobbiamo portarla perché sappiamo che c’è la risurrezione. Noi saveriani rimaniamo qui. Queste tre martiri si aggiungono agli altri tre martiri precedenti: sono sei i martiri saveriani in questa terra. Questo non ci spinge a partire, ma piuttosto ci incoraggia a rimanere; significa che abbiamo ancora bisogno di proclamare il Vangelo in questa terra, perché il Vangelo non è ancora arrivato nel cuore di tanti burundesi".

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