martedì 19 agosto 2014
Manette per Scott Olson di Getty Images, l'autore delle foto simbolo delle proteste contro la polizia nella città americana
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Manette al fotografo dello scatto simbolo: a Ferguson, la cittadina del Missouri che sta riscrivendo la storia dei rapporti tra bianchi e neri negli Usa, la polizia ha arrestato Scott Olson di Getty Images, ex Marine e veterano di mille barricate, autore di alcune delle immagini più iconiche delle proteste degli ultimi giorni. Come il bimbo nero in braccio alla mamma che alza le mani davanti al poliziotto bianco dallo sguardo truce; il giovane dai capelli rasta minacciato con mitra e manganelli da altri agenti in tuta mimetica armati fino ai denti: a pochi passi una cassetta delle lettere con la scritta "Fuck the police". Le foto di Olson delle proteste seguite alla morte di Mike Brown, ucciso da un poliziotto bianco anche se era disarmato, hanno fatto il giro del mondo. Il fotografo è stato fermato perchè non si trovava nella zona assegnata ai giornalisti. È stato rilasciato dopo un paio d'ore ma in un mondo sempre più mediatico, la foto di un suo collega che lo riprendeva con le manette ha rilanciato la polemica: la polizia di Ferguson, sul banco degli imputati dell'opinione pubblica internazionale, non sembra ben tollerare la presenza dei reporter. La scorsa settimana l'arresto di due cronisti fra cui il corrispondente del Washington Post era stato stigmatizzato dal presidente Barack Obama. Oggi lo stesso Washington Post, seguendo l'esempio di altre organizzazioni giornalistiche, ha fatto sapere di aver acquistato per i suoi inviati le maschere antigas, mentre ai fotografi sono stati dati giubbotti antiproiettile con la scritta Press: "I nostri giornalisti hanno imparato a guardarsi da tutte le parti: se non sono minacciati dai saccheggiatori rischiano di trovarsi in mezzo al lancio dei gas della polizia". È capitato a David Taylor, l'inviato del quotidiano britannico Times, prima finito in una nuvola di lacrimogeni, poi minacciato da una falange di 80 poliziotti pesantemente armati: "Mani in alto, cammina verso la mia voce", si è sentito dire il reporter da un "gorilla" in assetto da battaglia, prima di essere perquisito e interrogato.
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