giovedì 21 agosto 2014
Kent Brantly e Nancy Wristebol, trattati all'Emory hospital di Atlanta tornano a casa. C'è prudenza però sull'efficacia del siero. Ma la sanità in Africa è alle corde.
L'Oms: la più grande epidemia di Ebola mai vista
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I due missionari colpiti dall'Ebola in Liberia, Kent Brantly e Nancy Wristebol, e trattati all'Emory hospital di Atlanta, negli Stati Uniti, "sono guariti". "I risultati di una serie di rigorose analisi e test condotti su di loro hanno determinato che sono sani". Lo ha detto il direttore della divisione delle malattie infettive dell'Emory hospital in una conferenza stampa, precisando che gli esami sono stati rivisti anche dagli specialisti. C'è però prudenza sull'effettiva capacità del farmaco sperimentale di debellare la terribile malattia. "Non abbiamo idea se il composto sperimentale usato sui pazienti abbia funzionato per la loro guarigione", ha precisato lo stesso direttore, Bruce Ribner, sottolineando di "non poter divulgare informazioni coperte dalla privacy" sui trattamenti a cui Kent Brantly e Nancy Wristebol sono stati sottoposti. E, rispondendo alle domande dei giornalisti, Ribner ha detto: "Cruciali nel risolvere l'infezione sono stati i trattamenti di supporto forniti per combattere la febbre emorragica, ossia l'idratazione, ventilazione, eccetera che l'ospedale ha potuto provvedere ed invece sono carenti in Africa". Kent Brantly, il medico americano che aveva contratto l'Ebola mentre curava pazienti in Liberia, sarà quindi dimesso dall'Emory University Hospital, l'ospedale di Atlanta, in Georgia, dove è stato curato con lo ZMapp, un farmaco sperimentale che sembra avere avuto un effetto benefico. Come riporta l'emittente televisiva Nbc, Brantly versava in condizioni disperate e questo ha convinto i medici a provare il siero, che era stato fino a quel momento era stato sperimentato solo sulle scimmie. Il virus ha finora ucciso 1.350 persone in quattro Paesi africani colpiti dall'epidemia. A Brantly, sopravvissuto ad un virus che ha una mortalità compresa tra il 60 e il 90% dei casi è stato somministrato un vaccino sperimentale mentre era ancora in Liberia e una unità di sangue proveniente da un quattordicenne sopravvissuto a Ebola. Alla stessa cura è stata sottoposta anche Nancy Writebol, la missionaria appartenente alla stessa organizzazione, rientrata negli Stati Uniti dalla Liberia dove ha contratto la malattia, che però risulta ancora ricoverata in isolamento. Ma in Africa la gestione dell'emergenza non è adeguata "L'epidemia di Ebola in Africa occidentale è un completo disastro e le agenzie di salute non hanno ancora raggiunto e compreso a pieno il loro scopo. Nessuno ancora ha una reale misura della vastità di questa crisi". A puntare il dito contro una gestione insufficiente dell'epidemia di Ebola è Joanne Liu, presidente di Medici Senza Frontiere (Msf), come riporta il New York Times. "Non c'è una buona raccolta dei dati - continua - nè una sorveglianza sufficiente". Con i suoi due centri di trattamento in ognuno dei tre paesi più colpiti dall'infezione (Guinea, Liberia e Sierra Leone), Msf è l'organizzazione che sta trattando più pazienti di tutti. "L'Organizzazione mondiale della sanità, i Centers for Disease Control and Prevention e gli altri gruppi di aiuto - prosegue Liu - dovrebbero essere maggiormente coinvolti nella prevenzione e sorveglianza, tracciando i contatti delle persone malate. Inoltre servono più persone sul campo". L'epidemia ha portato ad una vasta crisi medica. In Liberia, a Monrovia, il sistema sanitario è collassato, dal momento che lavoratori e pazienti fuggono dagli ospedali per paura di Ebola. Il risultato è che "malattie come malaria, polmonite e diarrea - rileva Liu - stanno uccidendo bambini che altrimenti avrebbero potuto essere salvati. Ho saputo dal mio staff che sei donne incinta hanno perso i loro bambini perchè non hanno trovato un reparto di maternità aperto. I miei colleghi sono sopraffatti. In un centro erano in cinque a seguire 100 pazienti". Il numero di volontari, inoltre, si sta esaurendo e anche se i gruppi di Msf lavorano in zone di guerra, come Gaza, Iraq, Siria e Ucraina, l'Africa Occidentale è l'area più difficile per cui trovare personale. "Bisogna imparare a vivere con la paura - conclude Liu - senza contare che il trattamento e gestione dei pazienti con Ebola è molto faticosa. Serve una cura costante".
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