mercoledì 18 dicembre 2013
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Mentre continua a scendere il numero dei cristiani in Iraq (da oltre un milione a 450mila negli ultimi dieci anni), aumentano gli iscritti alle scuole cristiane. Un paradosso solo apparente. “Il fatto è che le nostre scuole offrono standard superiori alla media sia nella dimensione dell’istruzione sia in quella educativa – spiega monsignor Giorgio Lingua, un piemontese alto e dai tratti signorili che da tre anni è nunzio apostolico a Baghdad -. Per questo molte famiglie musulmane le scelgono per i propri figli, unitamente a quelle cristiane che però rappresentano una minoranza”. Dopo essere state “statalizzate” durante l’epoca buia del regime di Saddam Hussein, da dieci anni questi istituti hanno ritrovato libertà d’azione e attirano un numero crescente di studenti, pur nella ristrettezza dei mezzi e degli spazi a disposizione. Non ci sono statistiche complete, ma il nunzio conferma il trend ascendente e sottolinea che “l’educazione è un investimento strategico perché permette di far crescere giovani con valori solidi,con una mentalità aperta all’incontro e al confronto con chi è diverso da sé, supera la tentazione del ghetto e contribuisce alla formazione di una classe dirigente in grado di dare un futuro più solido a un Paese ancora fragile e diviso. E’ la testimonianza che la Chiesa, anche se piccola quanto a dimensioni, svolge un grande compito di servizio alla nazione”. Lo stesso si può dire di ospedali e centri di assistenza di ispirazione cristiana, che godono di ottima reputazione per la qualità del servizio offerto. Educare a uno sguardo positivo sulla realtà, valorizzare la bellezza, lo spirito critico, la disponibilità all’incontro e al dialogo con tutti; sono elementi preziosi per un Paese che sta faticosamente edificando il suo futuro, tra divisioni politiche e religiose (soprattutto tra le componenti sciite e sunnite) e i guasti provocati dal terrorismo di matrice qaedista che negli ultimi mesi ha ucciso migliaia di persone.
 
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