martedì 10 gennaio 2012
​Di fronte alle aspirazioni manifestate in Pakistan da varie comunità etniche di ottenere la creazione di province autonome, anche i cristiani pachistani rivendicano per loro questa possibilità. Lo scrive oggi il quotidiano The Express Tribune.
Ma il ghetto non dà futuro di Carlo Cardia
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È una provocazione che grida tutto il dolore di una minoranza costretta a vivere in condizioni sempre più difficili: il Congresso cristiano del Pakistan (Pcc), per voce del suo presidente Nazir Bhatti, ha chiesto una provincia separata per la comunità del Punjab: un luogo dove i fedeli possano vivere in pace. Bhatti ha ricordato le sofferenze patite dai cristiani in Pakistan: «L’odio religioso e l’estremismo sono in crescita in Punjab e le vite e i beni della comunità non sono più al sicuro», ha detto.

Non nuova nella difficile ricerca di ruolo, dignità e convivenza delle minoranze in Pakistan, la richiesta avanzata dal piccolo movimento politico – espressione in particolare dei cristiani di matrice protestante della provincia del Punjab e con una presenza concreta nelle comunità emigrate in Nordamerica – ripropone il tema controverso delle comunità separate, e le conseguenti polemiche sul rischio di ghettizzazione.«È un fatto che oggi i cristiani sono trattati come cittadini di seconda classe», ha ricordato Bhatti. Che si è appellato alle radici del Paese e alla sua origine, sì, di Stato islamico come fede maggioritaria, ma con pari dignità e diritti per tutti i cittadini. Ben sapendo che tra le pieghe della Costituzione e ancor più della legge si trovano anche le giustificazioni formali di episodi persecutori. Gli articoli del Codice Penale collettivamente indicati come «legge antiblasfemia» sono nei fatti uno strumento per colpire con accuse infamanti e spesso pretestuose esponenti delle minoranze e rinfocolano le pretese dell’islamismo radicale.

Per il loro emendamento se non la cancellazione, da anni le élite cristiane sono impegnate a fondo, correndo gravi rischi, come ricordano la tragica fine del ministro per le Minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, e la vicenda di Asia Bibi condannata a morte e da oltre un anno in attesa dell’appello.

I cristiani pachistani sono tra 4 e 6 milioni, quasi ugualmente divisi tra cattolici e appartenenti ad altre Chiese o sette. Il Punjab accoglie circa l’80 per cento dei battezzati e non è un caso se proprio qui si raccolgono le rivendicazioni delle rappresentanze cristiane come pure, in anni recenti, si regista il maggior numero di atti discriminatori e di violenza verso di loro.

Il Congresso cristiano del Pakistan, fondato nel 1985, dal 1992 chiede che ai cristiani sia riconosciuta una provincia separata, come parte di un più vasto progetto di decentramento amministrativo già allo studio del governo per rendere più snella e efficace l’amministrazione di un Paese vasto tre volte l’Italia ma che dall’indipendenza è diviso in sole quattro province, oltre alla porzione di Kashmir conteso con l’India.Al di là della posizione del Pcc, che ha alcuni pro e molti contro, come pure di altri gruppi che hanno addirittura chiesto nel recente passato che ai cristiani sia concesso di emigrare con lo status di rifugiati, a sottolineare l’impossibilità di vivere nella loro patria, ancor più sentita è la richiesta delle comunità battezzate – ma anche di altre componenti religiose – di un sistema di elettorati separati per le minoranze che consenta ai membri delle varie fedi di eleggere direttamente i propri rappresentanti nei parlamenti provinciali e in quello centrale.​

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