lunedì 18 marzo 2013
Il macabro «successo» di Pechino sul figlio unico. La legge, introdotta nel 1979, ha «cancellato» l’equivalente di quasi un terzo della popolazione cinese attuale Sempre più numerose le voci critiche: si sta andando verso la riscrittura della norma.
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​Sarebbero oltre 336 milioni gli aborti eseguiti nella Repubblica popolare cinese dal 1971 a oggi, secondo i dati diffusi dal ministero della Sanità del Paese asiatico. Il dato tiene conto delle sole interruzioni della gravidanza registrate attuate da medici e nella sostanza conferma i 400 milioni di cinesi «non nati» segnalato come un «successo» dell’applicazione della politica del figlio unico, ufficialmente applicata a partire dal 1979.  La voragine demografica che ha cancellato l’equivalente di quasi un terzo della popolazione cinese attuale, si conferma essere, quindi, conseguenza soprattutto di pratiche abortive. I dati diffusi ieri evidenziano anche che, nello stesso periodo, 196 milioni di uomini e donne cinesi sono stati sottoposti a sterilizzazione e che 403 milioni di donne sono ricorse alle spirali intrauterine per evitare la gravidanza. La legge che sanziona duramente le coppie ai quali la politica ufficiale non consentirebbe di avere più di un figlio, seppure con numerose eccezioni, è stata introdotta nel 1979, in coincidenza con l’inizio del processo di apertura dell’economia promosso da Deng Xioaping. Un intreccio di esigenze di gestione delle risorse e di pianificazione economica, di controllo della popolazione ha fatto da base dall’inizio a scelte demografiche che hanno creato innumerevoli drammi personali e familiari ma anche un enorme numero di abusi, di episodi di corruzione e un esteso traffico di neonati e bambini. Con decine di milioni di nascite “illegali” mai registrate per non incorrere nei rigori della legge che costituiscono un elemento potenzialmente destabilizzate per la società. Una situazione che rischia di sfuggire al controllo, in qualche modo ammessa dalle autorità domenica scorsa, quando nel contesto del ridimensionamento di ministeri e commissioni annunciato nel corso della sessione del 18° Congresso nazionale del popolo che oggi chiude i lavori a Pechino, è stato annunciato lo scioglimento della Commissione per la pianificazione familiare, accorpata nel ministero della Sanità. Un provvedimento che chiarisce come le autorità non smentiscano la loro politica ma per ragioni economiche (alti costi e sprechi nella gestione, innalzamento dell’età media della popolazione con prole sempre meno numerosa) va con ogni probabilità verso una riscrittura della legge con una graduale liberalizzazione recentemente anticipata dalla Fondazione (governativa) per la ricerca sullo sviluppo della Cina: due figli per coppia da subito in alcune provincie, per tutti nel 2015 e piena libertà di decidere della propria prole nel 2020. Una necessità che ha anche la caratteristica dell’urgenza, data la crescente impopolarità della legge del figlio unico.Se è vero che, come sostiene il sociologo Ken Peng, la modifica sostanziale nella struttura della popolazione degli ultimi anni, ormai in maggioranza concentrata nelle città, con famiglie sempre più ridotte e matrimoni sempre più rari e in età avanzata, corsa al benessere e alto costo della vita ha portato la situazione cinese ad assomigliare «più a quella di un Paese sviluppato che a quella di un Paese in via di sviluppo», l’applicazione della legge e ancor più i suoi frequenti abusi stanno diventano un concreto fattore di rischio per la stabilità del sistema-Cina. Come peraltro denunciato anche da alti dirigenti del Partito comunista e dello Stato.
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