venerdì 9 settembre 2016
Così Kim Jong-un minaccia il Sudest asiatico e gli equilibri mondiali
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Kim Jong-un ha 32 anni, è salito al potere poco dopo essere rientrato in patria dal liceo svizzero dove ha studiato con la sorella e governa un popolo per metà affamato e per l’altra metà impegnato a garantirgli un potere assoluto. Ma il problema che tutti sembrano ora scoprire è che è una “scheggia impazzita”, un uomo solo al comando di un arsenale nucleare che potrebbe radere al suolo l’intera regione.Fino a più di un anno fa, in qualche modo, Kim rispondeva alle sollecitazioni e ascoltava (a modo suo) i consigli che arrivavano da Pechino. Ora, dopo mesi di continue provocazioni, non sembra più sentire ragioni. Ha giocato la carta dell’escalation, bruciando le tappe e molti lanci di missili esplosi dopo il decollo. Ma ha anche dimostrato di esser in grado di colpire il bersaglio ”numero uno”. Che lui, inequivocabilmente, identifica cogli Stati Uniti: il Giappone. Protetto da quell’ombrello nucleare statunitense che appare sempre meno aperto. Con il governo di Tokyo che, camminando sulla sua stessa Costituzione post-bellica, sta armando un esercito che si sforza ancora di chiamare Forze di autodifesa.Kim, afferma e ormai molti sembrano crederlo, di essere ormai in grado di miniaturizzare l’atomica. Che ha già testato in 4 esperimenti precedenti arrivando ora a una potenza di dieci kilotoni, solo cinque in meno della bomba di Hiroshima. Significa che è in grado di caricarla sulle testate dei missili e minacciare l’intero sudest asiatico. Il solo lancio significherebbe guerra, una catastrofe totale.La sola minaccia significa però equilibri in continua variazione, con la Cina sempre più sensibile a messaggi che giungono da Washington. Una sorta di regia occulta per regolare una questione che sta diventando sempre più grossa e, di certo, sempre più ingestibile come il “bambinone” di Pyongyang che tanto ama il basket Nba ma molto meno l’America.
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