mercoledì 21 novembre 2012
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Soddisfazione per una “battaglia” che si è conclusa positivamente per Rimsha con la sentenza di ieri dell’Alta Corte della capitale, ma anche piena coscienza che il percorso per la giustizia e la sicurezza di molti cristiani accusati di blasfemia è ancora in salita. Paul Bhatti, ministro per l’Armonia nazionale, ricorda come l’impegno suo e dei suoi collaboratori debba continuare nel nome del fratello Shahbaz, “martire” del fanatismo religioso e come prossimo obiettivo non può che avere Asia Bibi, per cui Shahbaz ha messo in gioco la sua esistenza. L’11 novembre sono trascorsi due anni dalla sua condanna a morte per blasfemia (oltre tre dall’arresto nel giugno del 2009), ma per la madre di famiglia cinquantenne che attende il processo di secondo grado, una soluzione è ancora lontana. Una vicenda che è diventata simbolica, che ha sollevato un ampio dibattito nella società pachistana e un’attenzione mai vista a livello internazionale ma che non ha messo fine agli abusi della legge, come ricorda la sentenza capitale del 14 novembre contro il 25enne musulmano Azrat Ali Shah.«La vicenda di Rimsha ha distolto un poco l’attenzione dalla sorte di Asia Bibi, la cui situazione è da tempo soprattutto nelle mani di organizzazioni non governative e individui di cui non condivido sempre le intenzioni e le dichiarazioni. Attorno a questa donna si sono purtroppo concretizzati interessi non favorevoli a una soluzione della sua vicenda e certamente non utili a stabilire un clima di dialogo e di convivenza tra le comunità», dice, Paul Bhatti. Allo stato attuale la rabbia dei fondamentalisti, interessi che contrastano con i diritti dei cristiani in certe aree e interessi particolaristici di gruppi che magari anche con buone intenzioni si sono “impossessati” della vicenda di Asia Bibi concorrono a renderne difficile il futuro. La donna al momento resta in attesa del processo d’appello rinchiusa nel carcere di Sheikhpura, nella sua provincia del Punjab, in condizioni di alta sicurezza e di sostanziale rispetto dei suoi diritti, ma anche in uno stato di sofferenza per la lontananza dalla famiglia e l’incertezza delle prospettive. «Quello che abbiamo fatto e che continueremo a fare come Apma (Alleanza di tutte le minoranze del Pakistan, il movimento fondato da Shahbaz Bhatti) è stato e continuerà ad essere nel nome di mio fratello, non di interessi particolari – ribadisce Paul Bhatti –. In questo senso, non è una “lotta” di qualcuno contro altri, ma il tentativo di arrivare a una vera riconciliazione che sola può portare a pace e sicurezza per tutti».Paul Bhatti ha anche però un ruolo importante, sia all’interno del Partito del Popolo pachistano, che guida la coalizione di governo e che aveva avuto tra le sue fila, come ministro per le Minoranze fino al suo assassinio il 2 marzo 2011 Shahbaz, sia per il proprio ruolo ministeriale. Come chi gestisce il paese attraverso la politica si sta impegnando per la salvezza di Asia Bibi?«A livello ufficiale c’è attenzione verso il “caso” di Asia, ma attenzione anche affinché la questione non sfugga di mano, che non finisca per ritorcersi contro chi dovremmo tutelare. Occorre sperare e impegnarsi. Il prossimo Natale di Asia Bibi sarà probabilmente ancora dietro le sbarre, ma stiamo lavorando affinché sia l’ultimo lontano dalla famiglia».
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