venerdì 28 marzo 2014
Caritas, Fondazione Migrantes, Cnca e Arci al governo: sbarchi alle porte, evitiamo gli errori del 2011
Profughi, l’Ue ora cambi passo di Paolo Lambruschi
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Basta emergenze rifugiati. Basta accoglienze in luoghi fatiscenti e irraggiungibili, basta sprechi. Con una nota congiunta, Caritas italiana, Fondazione Migrantes, Cnca e Arci chiedono al governo Renzi un cambio deciso di rotta vista la poderosa ondata di sbarchi che si sta preparando. Solo nei primi 90 giorni del 2014 sono stati infatti registrati 10mila arrivi contro i 900 del 2013.Le quattro organizzazioni, da sempre attive nell’accoglienza delle persone in difficoltà, nel 2011 avevano accettato di mettersi a disposizione del governo per l’emergenza Nordafrica, rimanendo poi delusi dalla mancanza di programmazione. Ora lanciano un messaggio chiaro in vista di una stagione che si preannuncia calda: «È inaccettabile – scrivono nella lettera aperta alle istituzioni pubbliche – che una questione come l’arrivo dei rifugiati sul nostro territorio, che si ripresenta ogni anno con l’inizio della primavera, possa essere affrontata come se fosse un’emergenza. Le istituzioni aprano subito un tavolo di confronto con le organizzazioni che hanno acquisito esperienza e competenza nel campo dei richiedenti asilo per definire, in tempi rapidi, un piano nazionale di accoglienza e integrazione».Il riferimento è a quanto sta accadendo in questi giorni tra Comuni e Viminale. L’arrivo improvviso di migliaia di nuovi richiedenti asilo è stato affrontato dal ministero dell’Interno in autonomia, attivando le prefetture per reperire strutture di accoglienza sui territori, fuori quindi dal circuito di accoglienza dello Sprar gestito dall’Anci e senza un vero coordinamento. Questo, sostengono gli enti, ha creato sui territori «confusione, sovrapposizioni e resistenze comprensibili».Si chiede dunque collaborazione tra istituzioni competenti. E si ricorda che dopo pochi giorni di accoglienza straordinaria nel 2011 la mancanza di coordinamento portò al collasso del sistema e l’allora ministro Maroni dovette rivolgersi al terzo settore. «La vicenda della cosiddetta emergenza Nordafrica – spiegano i promotori – è emblematica di un approccio che non paga: non si assicurano condizioni dignitose ai richiedenti asilo, si coinvolgono alberghi e altre strutture inadeguate, si creano tensioni con organizzazioni locali che pure sarebbero disponibili ad accogliere. Evitiamo di fare anche quest’anno gli stessi errori». A margine, è utile ricordare che i costi stimati per 18 mesi di accoglienza (con molte ombre) furono di un miliardo di euro. Un business sulla pelle dei richiedenti asilo e dei rifugiati.Gli enti ribadiscono la propria disponibilità ad accogliere, «ma in un contesto strutturato, con un investimento e un livello di coordinamento adeguati al fenomeno». Oliviero Forti, responsabile dell’Ufficio immigrazione della Caritas e da pochi giorni responsabile della questione anche per Caritas Europa, registra «purtroppo una incapacità di strutturare un sistema nazionale di accoglienza credibile». Forti rileva che il dovere di accoglienza dello Stato italiano «nei fatti continua ad essere attraversato da correnti sotterranee, più o meno consce, di rifiuto verso lo straniero e verso il "non cittadino", a cui si aggiunge la fragilità degli enti territoriali. Quanto avvenuto nel 2011 si sta ripresentando in questi giorni, attivando accoglienze in emergenza. Il tutto avviene dalla mattina alla sera, con una richiesta della locale prefettura alla Caritas».Si attende la risposta dal governo prima che gli sbarchi riprendano in massa.
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