lunedì 7 luglio 2014
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Viene allo scoperto, dopo anni di clandestinità, il «principe dei credenti». Una sobria tunica e il turbante nero che incorniciano la lunga barba incolta appena brizzolata. La voce intona solenne un passo del Corano, durante una predica in una moschea Mosul durante la preghiera del venerdì. Una fisionomia che corrisponde in pieno con l’identikit diffuso nei mesi scorsi dai servizi di sicurezza statunitensi e giordani: è Ibrahim Abu Bakr al-Baghdadi.«Se credete che abbia ragione, aiutatemi, se credete che abbia torto, consigliatemi e indicatemi la retta via», dichiara il califfo dell’Isis dall’alto di un pulpito in pietra decorato di sculture. Nel video messo in rete dai qaedisti in risposta alle voci che solo venerdì lo davano ferito in uno scontro a fuoco nella città di Qaem, al confine con la Siria, l’emiro si rivolge a tutti i musulmani: «Obbeditemi come obbedite al Dio che è in ognuno di voi». Una solenne chiamata al jihad, dopo aver annunciato il 29 giugno, la rinascita del califfato che «appartiene a tutti i musulmani». Prigioniero in basi Usa dal 2005 al 2009, il leader dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante esce allo scoperto e fa la sua prima dichiarazione di “guerra santa”.Mosul, conquistata il 9 giugno, è dunque la capitale di questa nuova culla del “jihad globale” che giunge, attraversando il confine con la Siria, fino ai sobborghi di Aleppo. Il “califfo Ibrahim”, in veste di leader politico e militare, ha pure esaltato i mujaheddin (i combattenti per il jihad), invitandoli a compiere il loro «sforzo» (jihad) sulla via di Dio, perché «l’annuncio del califfato è un dovere di tutti i musulmani». L’imam si è dunque rivolto contro i «miscredenti» e gli «ipocriti», esaltando le «vittorie dei musulmani» a «Occidente e Oriente». Parole che inquietano l’Occidente, ma dividono pure la comunità dei sunniti con, in primis, la dissociazione e la dura condanna dei Fratelli musulmani, la maggiore organizzazione sunnita a carattere internazionale. Sempre più pesante, intanto, la situazione dei civili a Mosul, da giorni bersaglio di raid dell’aviazione: nei giorni scorsi la vicina piana di Ninive era attraversata da carovane di famiglie in fuga. Nella piana ieri i miliziani hanno distrutto quattro tomne e sei moschee. Nella città, ormai semideserta, i miliziani continuano a controllare i quartieri deve anche le chiese, facile bersaglio, sono profanate. Lo ha denunciato a Fides l’arcivescovo caldeo di Mosul, Emil Nona: tra mercoledì e giovedì, «gruppi armati hanno fatto incursione nella chiesa siro-ortodossa di Sant’Efrem e in quella siro-cattolica intitolata a San Paolo. I blitz sono durati poche decine di minuti, e ci viene confermato che dalla chiesa siro-ortodossa è stata asportata la croce presso l’altare», ha dichiarato l’arcivescovo. Nessuna novità sulla sorte delle due suore e dei tre orfani sequestrati a Mosul lo scorso 28 giugno: le trattative per la loro liberazione, riferiscono fonti locali, non hanno avuto alcun esito. Intanto l’interruzione dell’elettricità e delle forniture idriche nei villaggi della piana di Ninive sta aggravando l’emergenza umanitaria già difficile a causa del caldo torrido. Sembra tenere il tacito patto di non aggressione tra i miliziani dell’Isis e i peshmerga curdi sulla nuova linea di confine del Kurdistan iracheno che le forze curde hanno iniziato a delimitare con barricate e filo spinato. Infine a Samarra, nel centro dell’Iraq, un pilota iraniano è rimasto ucciso in uno scontro con miliziani dell’Isis. Secondo l’Irna, il pilota «difendeva» i luoghi sacri sciiti della città.
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