lunedì 24 marzo 2014
La giustizia pakistana ci riprova: è fissata nuovamente per il 26 marzo, dopo due rinvii, la prima udienza nel processo di appello per Asia Bibi, la donna cristiana accusata ingiustamente e condannata a morte per blasfemia.  VAI AL DOSSIER
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La giustizia pakistana ci riprova: è fissata nuovamente per il 26 marzo, dopo due rinvii, la prima udienza nel processo di appello per Asia Bibi, la donna cristiana accusata ingiustamente e condannata a morte per blasfemia. Lo riferisce all’Agenzia Fides l’avvocato cristiano Naeem Shakir, a capo del collegio difensivo della donna. L’avvocato sta preparando le argomentazioni della difesa puntando a dimostrare che “le accuse a suo carico sono state, sin dall’inizio, costruite ad arte”. Il processo ha già subito due rinvii e l’amministrazione della Corte era in sciopero nei giorni scorsi, ma l’avvocato dice di nutrire “buone speranze”. Intanto Asia è nel carcere femminile di Multan “in buone condizioni di sicurezza e di salute”, dice a Fides Shakir: “La donna prega e spera”. Sul caso di Asia Bibi, in prigione da 4 anni, si è espresso di recente il gruppo di lavoro del Parlamento Europeo sulla libertà di religione. In una nota del 19 marzo, inviata a Fides, il gruppo, afferma: “Accogliamo con favore la decisione dell’Alta Corte di Lahore di avviare il processo di appello per Asia Bibi. Prendiamo atto con rammarico che, in due udienze, i giudici responsabili erano in congedo. Confidiamo che i giudici designati siano presenti per la terza udienza”. Il testo giunto a Fides prosegue: “Chiediamo a tutti coloro che sono coinvolti nel caso di dare prova di coraggio e di non cedere ad alcuna pressione o minaccia esterna. Chiediamo al governo pakistano di salvaguardare l'indipendenza e il buon funzionamento dell’Alta Corte di Lahore. Inoltre esortiamo le autorità pakistane a fornire protezione adeguata a tutte le persone coinvolte nel caso, ora e dopo una eventuale, futura decisione giudiziaria”. Il gruppo continuerà a seguire da vicino questo caso, come altri casi che riguardano le leggi sulla blasfemia in Pakistan, che il Parlamento Europeo invita a riformare, per evitarne gli abusi, o ad abrogare.
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