venerdì 24 aprile 2015
​La cerimonia per i 100 anni del massacro di 1,5 milioni di armeni. Il presidente Sarkisian: dileguiamo le tenebre del negazionismo.
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La giornata di preghiera di Andrea Riccardi
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​Decine di capi di Stato, tra cui il francese Francois Hollande e il russo Vladimir Putin, si sono uniti nel minuto di silenzio che ha segnato ad Erevan l'inizio della cerimonia che commemora il 100esimo anniversario del genocidio degli armenti. Guidati dal padrone di casa, il presidente, Serzh Sarkisian, i leader presenti hanno deposto un fiore sul memoriale dove sono ricordati gli 1,5 milioni di armeni uccisi nelle mani delle truppe ottomane tra il 1915 ed il 1917. I recenti progressi nel riconoscimento del genocidio armeno devono aiutare a "dileguare le tenebre di cento anni di negazionismo", ha detto Sarksyan nel suo intervento. Il presidente russo Vladimir Putin ha aggiunto che "non c'è e non può esserci alcuna giustificazione al genocidio di un popolo. Oggi piangiamo insieme al popolo armeno". Simili le parole del presidente francese Hollande: "Non dimenticheremo mai la tragedia che il vostro popolo ha attraversato".Obama ha diffuso un messaggio in cui si sostiene che il centenario del massacro "ci impone di riflettere sul difficile ma necessario compito di fare i conti con il passato". Nello scritto non viene mai usata la parola "genocidio", né menziona mai esplicitamente la Turchia, ma usa l'espressione "prima atrocità di massa del ventesimo secolo" per definire le stragi. Per l'Italia sono presenti i presidenti delle commissioni Esteri di Senato, Pier Ferdinando Casini, e Camera, Fabrizio Cicchitto. Ieri le vittime del genocidio armeno sono state dichiarate sante dalla Chiesa armena nonostante le critiche della Turchia che rifiuta il termine 'genocidio'. Gli armeni stimano in un milione e mezzo le persone uccise in maniera sistematica tra il 1915 e il 1917, durante gli anni dell'impero ottomano e una ventina di Paesi, tra cui la Francia e la Russia, hanno riconosciuto che si tratta di genocidio. Papa Francesco aveva usato la stessa parola, nella Messa per gli armeni di domenica 12 aprile, sollevando un aspro caso diplomatico con la Turchia.
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