martedì 10 giugno 2014
Nella città martire senz'acqua e in balia dei jihadisti. I padri maristi: «Vediamo l’acqua potabile buttata nel torrente mentre i bambini fanno la coda davanti ai pozzi inquinati».
Il vescovo Audo: «Avviare colloqui di pace»
COMMENTA E CONDIVIDI
Senz’acqua di nuovo anche adesso che la colonnina del mercurio sfiora i 30 gradi. Un incubo, dopo gli 11 giorni di maggio con le condotte a secco: un assedio psicologico per i circa due milioni di cittadini di Aleppo già sfiancati da tre anni di guerra civile.«Vediamo l’acqua potabile deviata apposta nel ruscello che scorre in alcuni quartieri della città. Un sabotaggio terribile mentre noi qui patiamo la sete», conferma George Sabre, il frate marista che a maggio aveva lanciato il primo appello, giunto fino agli ovattati palazzi delle Nazioni Unite.L’acqua potabile, come un’arma di ricatto contro la popolazione civile: «Vedere bambini in coda per delle ore ai pochi pozzi della città per una bacinella di acqua non potabile: uno scandalo inaccettabile», ripete quasi un mese dopo. Questa volta la voce di fratel George è rotta dal dolore.A sera si saprà che la Croce rossa ieri è riuscita a consegnare cibo e altro materiale di prima necessità in una parte di Aleppo sotto il controllo dei ribelli e assediata dalle forze governative. Domenica materiale sanitario era stato consegnato a due ospedali situati nella zona lealista e ad altri due nella zona controllata dagli insorti. Un po’ di sollievo, anche se l’acqua potabile manca di nuovo dalle tubature. Un mese fa la stazione di pompaggio principale era stata occupata da un manipolo di miliziani. Jihadisti anarchici, che si rifanno allo Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Poi l’emiro di quel gruppetto pare sia sceso a più miti consigli grazie alla mediazione di alcune Ong e a pressioni internazionali. Una tregua, fino al voto per le presidenziali di una settimana fa: ora rubinetti di nuovo chiusi. L’acqua ad Aleppo, come in gran parte della Siria settentrionale, giunge attraverso un sistema di dighe e pompaggio dall’Eufrate. Una preda fin troppo facile per quei gruppuscoli armati ad ogni stazione di pompaggio fin dentro la città vecchia. Così Aleppo, divisa in quartieri sotto il controllo dell’esercito e in quelli dove le milizie dettano legge, è il terreno di scontro. I colpi di mortaio, e le azioni dimostrative, quasi come un paravento al nuovo obiettivo: assetare la popolazione civile. Così, nella corsa ai pozzi di acqua che non è potabile, inevitabili i casi di avvelenamento e le malattie gastrointestinali. «Adesso le tubature sono danneggiate dopo che i ribelli hanno cercato di deviare l’acqua solo verso i quartieri in mano ai ribelli. Aspettiamo e speriamo che torni l’acqua. Ma quando arriverà sarà da disinfettare, ripotabilizzare. Ci penseremo: una emergenza alla volta», prosegue fratel George. Alcuni analisti sostengono che in realtà lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante sia manipolato dai servizi segreti siriani per gettare discredito sull’opposizione moderata, mentre altri puntano il dito apertamente contro Erdogan, l’ex alleato ora arcinemico. È la Siria dei cento sospetti e delle mille fazioni che ormai avvelenano anche l’aria. Secoli di convivenza, come franati su Aleppo in tre anni di guerra civile: in molti ricordano ancora le bombe dell’esercito e l’incursione delle squadracce filo-governative nel campus dell’università contro gli studenti di Aleppo.Adesso manca l’acqua. E la terra trema sotto i piedi: sotto la Citadelle, l’antico palazzo reale del XIII secolo, corre un dedalo di tunnel. È li che ora i miliziani si intrufolano, scavando fino a raggiungere gli obiettivi sensibili. Come la caserma di fianco alla stazione centrale di pompaggio, quella che un un mese fa gli jihadisti avevano occupato. Nella calma apparente della città vecchia la terra all’improvviso inizia a tremare. Poi un crollo. La guerra dei tunnel, dopo quella dell’acqua, è appena iniziata.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: