lunedì 1 settembre 2014
"Se voglio prendo Kiev in due settimane" e spinge per la separazione delle regioni del sud-est. Il ministro Lavrov: nessun intervento militare.
Mogherini: diplomazia resta unica strada I Tusk: compromesso intelligente
Le voci e le croci di Marina Corradi 
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Vladimir Putin chiede "negoziati immediati" sul "sistema statale" di quella che ormai definisce sempre più frequentemente "Novorossia", come era chiamato in tempi zaristi il sud-est ucraino prima che i bolscevichi lo unissero a Kiev. E tanto basta a scatenare un nuovo allarme sui media occidentali, dopo il ricatto lanciato sabato nel corso del vertice Ue "Se voglio prendo Kiev in due settimane", quello che viene interpretato come un inedito, esplicito tentativo russo di riconoscere un nuovo Stato in Ucraina, sullo sfondo del primo scambio di "prigionieri" tra Mosca e Kiev e delle nuove sanzioni annunciate sabato dalla Ue. Intanto stamattina da Mosca arrivano segnali distensivi: non ci sarà un intervento militare russo in Ucraina, si cerca una soluzione esclusivamente pacifica di questo gravissima crisi, di questa tragedia": ha detto il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov, intervenendo davanti agli studenti dell'università Mgimo di Mosca. Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, si affretta a precisare che Putin è stato "frainteso" e che intendeva solo "negoziati inclusivi interni". Rileggendo il testo dell'intervista diffusa dalla tv statale Rossia, Putin sembra in effetti aver usato parole forse volutamente ambigue, ma l'accento è più su un ordinamento federalista che non su un nuovo Stato indipendente. "Abbiamo concordato un piano, quindi ora deve essere perseguita la sua realizzazione", ha premesso il leader del Cremlino riferendosi agli accordi confermati negli ormai tanti formati dei negoziati internazionali. "Il governo ucraino deve avviare immediatamente colloqui sostanziali, e non una discussione tecnica, sull'organizzazione politica della società e dello Stato nell'Ucraina sud-orientale, in modo che gli interessi di quanti vivono lì siano protetti", ha sostenuto.    Secondo alcuni analisti, promuovere la "statalità" nel sud-est ucraino, come pure aumentare il sostegno bellico ai ribelli, è solo un modo per aumentare la pressione su Kiev e indurla a fermare l'operazione militare per iniziare i colloqui con i separatisti filorussi. In caso di fallimento, Mosca potrebbe però passare allo step successivo, ossia premere per una separazione della Novorossia dall'Ucraina. Nella sua intervista Putin ha lanciato anche altri messaggi. Ai miliziani: "La Russia non può starsene da parte quando la gente è uccisa quasi a bruciapelo", l'azione dei ribelli è "la naturale reazione della gente che sta difendendo i suoi diritti". A Kiev: "Non so quando finirà il conflitto, dipende dalla volontà dell'attuale leadership", ma "è difficile aspettarsi che qualcuno cerchi una soluzione pacifica e non militare" in un contesto elettorale in cui "tutti i partecipanti vorranno mostrare quanto sono forti". E all'Occidente: le nuove sanzioni? Sarà difficile per i Paesi europei oggetto delle contro-sanzioni russe riconquistare il mercato russo, dove stanno sbarcando nuovi importatori dall'America latina e dalla Cina.    Sanzioni da elaborare entro una settimana ma in una Ue "divisa", sottolinea l'ambasciatore russo a Bruxelles, Vladimir Cizhov. "Almeno tre Paesi, a giudicare dalle pubblicazioni circolate ieri a Bruxelles, hanno espresso disaccordo su ulteriori sanzioni: Ungheria, Slovacchia e Cipro. Il premier slovacco ha fatto una dichiarazione, dicendo che potrebbe anche usare il diritto di veto", ha sostenuto.    Intanto sui social network si diffondono notizie non confermate di "battaglie navali" non lontano dalla città portuale ucraina meridionale di Mariupol, con immagini di una presunta imbarcazione della guardia costiera ucraina in fiamme dopo un apparente raid aereo, mentre decine di cittadini sono scesi nelle strade in sostegno a Kiev e molti altri invece sono fuggiti nel timore di un imminente attacco da parte delle forze filorusse. L'unica nota di distensione arriva dallo scambio di militari che hanno sconfinato durante la guerra nel sud-est ucraino: dieci parà russi contro 63 soldati ucraini. Uno scambio avvenuto oggi all'alba al posto di frontiera di Nekhoteievka, tra due Paesi che formalmente non sono in guerra.
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