mercoledì 3 aprile 2013
Dopo dieci anni di faticose trattative e di resistenze da parte dei Paesi esportatori, il documento è arrivato al traguardo. Si tratta di un passo fondamentale verso il controllo della circolazione di strumenti di morte
Ma il mercato nero non cambia le regole (Francesco Palmas)
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Un fragoroso applauso ha salutato ieri nella cavernosa sala dell’Assemblea generale del Palazzo di Vetro il primo Trattato internazionale sul commercio delle armi convenzionali della storia. Il documento è arrivato al traguardo dopo quasi dieci anni di faticose trattative e di resistenze da parte dei Paesi esportatori, imponendo per la prima volta maggiore trasparenza a un giro d’affari da 100 miliardi di dollari l’anno. Anche se gli effetti concreti sul mercato delle armi (uno dei pochissimi settori di scambio globale a non essere ancora regolato) saranno inizialmente limitati, si tratta di un passo fondamentale verso il controllo della circolazione di strumenti che uccidono ogni giorno migliaia di persone: armi convenzionali (dalle pistole ai missili), diverse da quelle chimiche, batteriologiche e nucleari che, paradossalmente, sottostanno a convenzioni internazionali. Dopo che nei giorni scorsi l’opposizione di Iran, Siria e Corea del Nord aveva impedito un’adozione all’unanimità da parte delle Nazioni Unite, il testo è stato sottoposto ieri al voto dell’Assemblea. È poi passato con 154 voti a favore, tre contrari e 23 astenuti. A dare la spinta finale è stato il sostegno o la mancata opposizione dei tre principali produttori di armi al mondo: Usa, Russia e Cina. Gli Stati Uniti, che lo scorso anno avevano osteggiato il Trattato, chiedendo tempo per studiarlo, hanno ieri votato a favore, mentre la Russia e la Cina si sono limitate ad astenersi, abbandonando ogni tentativo di far naufragare l’iniziativa. Tra gli astenuti anche Cuba, Venezuela e Bolivia, mentre a dire no sono stati i tre Paesi “canaglia”: Iran, Siria e Corea del Nord, che temono interferenze alla loro capacità di armarsi sui mercati internazionali. Esistono già trattati Onu contro la diffusione di armi di distruzione di massa, ma finora la comunità internazionale non era riuscita ad esprimere a una sola voce la sua preoccupazione per il proliferare incontrollato di pistole, fucili, bombe a mano e persino missili, carri armati e sistemi di artiglieria. Nel testo finale è entrato anche un capitolo che limita, ma non con la stessa severità, anche la vendita di munizioni, un punto estremamente conteso. Gli Stati Uniti sostengono ufficialmente i negoziati Onu dal 2009, da quando cioè Obama si è insediato alla Casa Bianca e ha avviato un battaglia interna ed esterna alla proliferazione delle armi, ma negli ultimi anni hanno dovuto fare i conti con la resistenza della potente lobby delle armi, la National Rifle Association (Nra), che ieri ha promesso battaglia al Senato Usa per fermare la ratifica. Il trattato entrerà infatti in vigore solo dopo che almeno 50 Stati lo avranno ratificato, presumibilmente già quest’anno. Il principio guida della nuova norma è condizionare la vendita di armi alla verifica del rispetto dei diritti umani del compratore. Il Trattato attribuisce infatti ai singoli Stati la responsabilità del monitoraggio delle esportazioni, chiedendo ai governi di assicurarsi che i contratti privati non violino gli embargo di armi e non finiscano col mettere strumenti di morte nelle mani di criminali o terroristi. Per questo il documento impone ai Paesi di adottare regole più severe e attuare maggiori controlli prima di concedere licenze ai commercianti. I firmatari dell’accordo devono presentare annualmente un rapporto al segretario generale dell’Onu elencando le transazioni commerciali originate nel loro Paese e spiegando quali misure hanno adottato per controllare il traffico di armi. Soddisfazione è stata espressa dalla Santa Sede, che la settimana scorsa per bocca dell’osservatore permanente Francis Chullikat aveva invocato l’adozione di un testo «forte, credibile ed efficace che abbia un impatto reale e duraturo per una vita più sicura delle persone». Anche gli attivisti non governativi, che pure non considerano il testo perfetto, si sono detti fiduciosi che imporrà standard più alti di trasparenza al mercato globale delle armi, almeno nel lungo termine.
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