domenica 1 marzo 2015
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Da Alexandr Litvinenko a Anna Politkovskaija, fino a Boris Nemtsov sono diversi i critici del governo russo che sono morti in circostanze sospette o deceduti per cause violente. Tra loro Boris Berezovsky, businessman che ha fatto fortuna negli anni ’90 dopo la privatizzazione delle imprese statali sovietiche, emigrò nel Regno Unito nel 2000. Venne trovato morto impiccato a casa sua nel marzo del 2013. Pur non avendo trovato alcun segno di lotta violenta, un giudice ha stabilito che non è possibile determinare al di là di ogni ragionevole dubbio se si sia trattato di suicido o omicidio. Sergei Magnitsky, avvocato che aveva denunciato una presunta frode fiscale da società legate al Cremlino, era stato imprigionato con l’accusa di evasione fiscale nel novembre del 2008 ed è morto un anno dopo in carcere. Natalia Estemirova, nota attivista per i diritti umani, che ha lavorato su questioni relative alla Cecenia, dove viveva, è stata invece rapita da ignoti e uccisa nel luglio del 2009. L’ex spia del Kgb Alexandr Litvinenko è stato invece avvelenato con il polonio-210 mentre prendeva un tè al Millennium Hotel di Londra nel novembre del 2006. È morto in ospedale 22 giorni dopo. Infine Anna Politkovskaija, 48enne giornalista investigativa, assassinata il 7 ottobre del 2006 nell’ingresso della sua abitazione a Mosca. Aveva denunciato numerose violazioni dei diritti umani in Cecenia. Per il suo omicidio sono stati condannati cinque uomini, ma il mandante resta ignoto.
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