mercoledì 4 marzo 2015
A Washington il premier Netanyahu attacca la politica di Obama, che replica: "non ha offerto alcuna alternativa valida". Questione centrale il nucleare civile.
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«Sono qui per parlare di una questione, quella del nucleare in Iran, che minaccia l’esistenza di Israele». Ed «è una minaccia per il mondo intero». Ieri, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, davanti al Congresso americano, ha ribadito con forza che il suo appello contro l’accordo che il gruppo dei 5+1 (Stati Uniti, Cina, Russia, Francia, Gran Bretagna e Germania) sta negoziando con l’Iran è nell’interesse comune.  «Nessun accordo è meglio di un cattivo accordo», ha ripetuto il premier. Ricordando che «Israele può difendersi da solo» e che «se dovrà fare solo, lo farà». Il discorso – che fino all’ultimo ha tenuto l’Amministrazione americana col fiato sospeso per le presunte «rivelazioni » di «informazioni riservate» sulle trattative in atto in Svizzera – non ha tradito la fiducia degli alleati. Ma non è piaciuto per niente alla Casa Bianca. Gelida la reazione del presidente Barack Obama. Che ha tenuto a far sapere, intanto, di non aver nemmeno visto il discorso di Netanyahu ma di averne solo letto una trascrizione. E che ha quindi tagliato corto: Netanyahu «non ha offerto nessuna alternativa valida » per impedire che l’Iran si doti delle armi nucleari», ha detto. Quanto all’intesa: «Non firmerò un cattivo accordo con l’Iran – ha sottolineato – e il Congresso dovrebbe aspettare che sia raggiunto un accordo prima di valutarlo». Insomma, la frattura tra i due alleati si allarga sempre di più. Netanyahu, però, potrebbe aver raggiunto il proprio scopo a livello elettorale. E anche “aiutato” i repubblicani Usa nell’opposizione al presidente Obama. Senza mezze misure, il premier ha detto che il regime di Teheran «sarà sempre nemico del popolo americano», e che la battaglia tra l’Iran e l’Is non trasforma certo l’Iran in un amico degli Usa. L’Is e l’Iran, ha aggiunto Netanyahu, sono in competizione solo per ottenere il «primato del jihad». E che quindi, in questo caso, «il nemico del tuo nemico è tuo nemico». Spiegando che le due maggiori concessioni sul tavolo negoziale – il mantenimento da parte dell’Iran di infrastrutture per l’arricchimento dell’uranio e la supervisione dell’agenzia Onu Aiea delle restrizioni proposte – porteranno, in ultima analisi, alla fine del controllo sulla proliferazione di armi nucleari, Netanyahu ha suggerito tre chiare richieste da sottoporre alla Repubblica islamica prima della firma di un accordo. Fermare la propria aggressione al Medioriente; interrompere il proprio sostegno al terrorismo e smettere di minacciare l’eliminazione di Israele. Senza queste premesse, l’accordo in esame «è molto sbagliato », ha dichiarato, sottolineando che l’alternativa a tale piano non è necessariamente la guerra, ma che Israele è pronto a reagire da solo alla minaccia nucleare. Sapendo di contare sull’appoggio Usa. L’alleanza con Washington, è stata un punto preminente nel discorso. Il premier israeliano –, nel tentativo di smorzare le polemiche sul suo invito a Washington da parte dello Speaker repubblicano della Camera, John Boehner, all’insaputa della Casa Bianca – si è detto «profondamente dispiaciuto» che la sua presenza sia stata percepita come una mossa politica (in vista del voto del 17 marzo, ndr). Tutto, però, dice il contrario. A sole due settimane dalle elezioni in Israele, è difficile non riconoscere l’impatto che l’accoglienza entusiasta del Congresso Usa – «il più importante corpo legislativo al mondo», nelle parole di Netanyahu – possa avere sulla sua campagna politica. Anche perché solo Wiston Churchill prima di lui era stato accolto per tre volte da Camera e Senato in sessione congiunta. E poco importa che oltre 50 legislatori democratici abbiano boicottato l’evento, lasciando vuoti i propri seggi. E che il presidente Obama, abbia snobbato la visita scegliendo – proprio durante il discorso – di partecipare a una videoconferenza sulla situazione in Ucraina con i leader europei, tra cui il premier Matteo Renzi e il cancelliere Angela Merkel.
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