giovedì 28 luglio 2016
Spunta un video in cui i due assassini di padre Hamel giurano fedeltà al Califfo. Adel Kermiche soffriva di disturbi psichici.
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Rouen, il secondo killer è un 19enne già schedato
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Una «una pista privilegiata» ha portato al secondo nome. Durante una delle due perquisizioni condotte a Rouen poche ore dopo la sanguinosa presa di ostaggi, quella nell’abitazione di famiglia di Kermiche, era stata rinvenuta una «carta d’identità», e «parecchi elementi inducono a ritenere che si tratti» di un documento appartenente «al secondo aggressore». Quindi l’identificazione ufficiale. Il secondo killer è Abdel Malik B., un ragazzo di 19 anni francese, di Aix-Les-Bains, in Savoia. Anche lui era stato schedato in un fascicolo contrassegnato dalla lettera “S”, che indica le persone a rischio radicalizzazione ed era ricercato da 5 giorni. E proprio ieri il Deash ha diffuso un video dei due che giurano fedeltà al “califfo” Abu Bakr al-Baghdadi. Si fa sempre più preciso intanto il profilo di Adel Kermiche, il diciannovenne nativo di Rouen, subito identificato dopo l’attacco in chiesa. Il ragazzo offriva di disturbi psichici fin dall’infanzia, tanto da essere stato costantemente seguito da psicologi fin dall’età di 6 anni. A 12 anni fu espulso da scuola per «disturbi comportamentali»: nella sua scheda fu riportato che si trattava di un «soggetto iper-attivo». Durante l’adolescenza Adel ha continuato a essere periodicamente ricoverato in ospedale per problemi mentali, e in un’occasione fu internato per quindici giorni in un reparto psichiatrico. Stando a quanto riferito da conoscenti del suo quartiere a Le Parisien, era considerato una vera e propria «bomba a orologeria ». Arrestato dopo il secondo tentativo fallito di unirsi alle file del Daesh in Siria, forse spinto da un predicatore, e condannato per associazione a delinquere di stampo terroristico, da un certo momento in poi ha coltivato «idee suicide». La miscela di traumi pregressi, presa di coscienza, desiderio di riscatto, oltre alla garanzia rappresentata dall’aiuto familiare, convinsero il magistrato a concedere al presunto ex aspirante jihadista una possibilità di riscatto: ecco perché dallo scorso marzo la carcerazione fu sostituita dalla libertà vigilata, seppure con l’obbligo d’indossare un bracciale elettronico per la localizzazione. Quello di cui non si tenne debito conto fu l’influsso negativo delle conoscenze fatte in prigione: Adel condivideva la cella con un saudita, e soprattutto incontrò un connazionale che per diciotto mesi aveva combattuto con Daesh.
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