martedì 29 marzo 2016
​Smacco per la Apple che si era rifiutata di collaborare con il governo nelle indagini per la strage di San Bernardino.
L'Fbi sblocca l'iPhone del terrorista
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Il governo americano ha trovato il modo di sbloccare l'iPhone utilizzato da Syed Rizwan Farook, l'attentatore di San Bernardino, e non ha quindi più bisogno della Apple per accedervi. Di conseguenza il dipartimento della Giustizia ha deciso di ritirare la causa legale che aveva intentato per indurre la società di Cupertino a collaborare, anche in nome della sicurezza nazionale. La vicenda però secondo gli esperti potrebbe risolversi in un boomerang contro la Apple, che aveva sempre dichiarato l'inviolabilità dei suoi smartphone. Dichiarazione smentita dai fatti. A dimostrazione che spararla (troppo) grossa non paga. La disputa però potrebbe non essere finita qui, perché la Apple aveva messo ben in chiaro che, se i federali fossero riusciti ad "aprire" il dispositivo, ebbene loro alla Apple avrebbero chiesto di conoscere il metodo utilizzato. Il braccio di ferro dura da settimane e vede le due parti contrapposte ognuna nel tentativo di far valere le proprie priorità: il governo degli Stati Uniti ritenendo che le informazioni contenute nel telefonino siano indispensabili per l'inchiesta sull'attacco di San Bernardino, da più parti considerato il primo attacco ispirato dall'Isis sul suolo americano. Dall'altra la Apple è determinata a non acconsentire a quella che può trasformarsi in una 'intrusione' da cui non si torna indietro, cedendo così sui principi di privacy e di difesa degli utenti che è cavallo di battaglia della società di Tim Cook. Una guerra di principi in sostanza, da cui però - almeno in questa battaglia - il governo federale sembra uscire vincitore. Anche perchè il sistema del colosso di Cupertino non sembra così inviolabile nonostante quello quanto sostengono i dirigenti della Apple. "Il governo è riuscito ad accedere con successo ai dati contenuti dell'iPhone di Farook per questo non ha più bisogno dell'assistenza di Apple", ha comunicato il dipartimento di Giustizia. "Dal punto di vista legale non è detto che la battaglia sia finita", spiega al New York Times Esha Bhandari, avvocato della American Civil Liberties Union (Aclu), sottolineando che il governo potrebbe rifiutare di condividere le scoperte con la Apple, decidendo che l'informazione è 'top secret'. "Questa vicenda potrebbe essere un boomerang mediatico per Apple. Non si può sostenere che i propri dispositivi sono più sicuri di altri se poi vengono violati in pochi giorni. La lezione che si può trarre da questa storia è che non esiste niente di invulnerabile e che la sicurezza dei dati dipende esclusivamente dagli utenti". È questo il parere sul braccio di ferro tra Apple e Fbi sullo sblocco dell'iPhone del killer di San Bernardino, di Andrea Zapparoli Manzoni esperto di sicurezza informatica e membro del Clusit, l' associazione italiana per la sicurezza informatica. "C'è un altro aspetto interessante in questa vicenda - spiega Zapparoli Manzoni -: lo sblocco dell'iPhone molto probabilmente è avvenuto ad opera di Cellebrite, l'azienda israeliana di cui si è parlato nei giorni scorsi, che rispetto ad Apple è una pulce. Cupertino è l'azienda con la più alta capitalizzazione al mondo ma è stata 'beffata' da una piccola società che molto probabilmente ha attinto ad un mercato sotterraneo, 'borderline', in cui si comprano soluzioni ad alcune vulnerabilità informatiche sia a scopo difensivo, come in questo caso, che offensivo". "Questo dovrebbe essere un monito per tutti, singoli utenti e capi di governo, a non usare i dispositivi tecnologici con leggerezza - osserva l'esperto -. Ci fa capire ancora di più che abbiamo in mano oggetti potenti con debolezze sfruttabili, che a volte finiscono nel mirino di organizzazioni private". "Da una parte non è giusto comprimere le libertà di tutti con le 'backdoor' di governo - spiega poi l'esperto - ma una chance agli investigatori va data. In un luogo digitale le forze dell'ordine ci devono poter entrare". "Apple ha assunto una linea indifendibile per ragioni di marketing. Avrebbe dovuto collaborare e assumere un profilo più basso visto che si tratta di una indagine per terrorismo, anche più rassicurante per gli utenti. Un conto è la stessa Apple che offre una soluzione al governo americano, un altro è vedere un soggetto terzo sbloccare in pochi giorni un iPhone. Dimostra che non c'è niente di sicuro, che la sicurezza dei dati dipende da noi e non da Apple. Qualche contraccolpo nelle vendite di sicuro lo avranno", conclude Andrea Zapparoli Manzoni.
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