mercoledì 8 gennaio 2014
​Pubblicato a Parigi un rapporto che fa il punto sull'intolleranza nel mondo. Dopo la Corea del Nord i Paesi "più violenti" sono la Somalia e quelli arabi. E adesso si è aggiunta la Repubblica Centrafricana.
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Il numero dei cristiani perseguitati per la loro fede è in aumento. Anche nel 2013 le violenze e le discriminazioni nei loro confronti sono cresciute. Il dato emerge anche dall'"Indice mondiale delle persecuzioni 2014", uno studio che classifica i 50 Paesi più colpiti dall'intolleranza, realizzato dall'associazione Portes ouvertes France, una ong di sostegno ai cristiani perseguitati. Associazione apolitica, fondata nel 1976, Portes Ouvertes France realizza questo rapporto dal 1997.  Nel 2013, scrive l'ong, c'è stato un aumento generalizzato delle persecuzioni: L'Africa, in particolare la cintura del Sahel, "è diventata un campo di battaglia per la Chiesa" e c'è stato una sorta di "inverno cristiano proprio nei Paesi che hanno vissuto la primavera araba". La Corea del Nord si conferma, per la dodicesima volta consecutiva, il Paese in cui per i cristiani vivere è più pericoloso e precario; al secondo posto la Somalia, dove tribù e clan musulmani assicurano la morte "a quasi tutti i cristiani che incontrano". La situazione non migliora nei Paesi arabi. Siria ed Egitto, innanzitutto: la Siria, passata dal 11esimo al terzo posto, detiene il triste primato dei numero di cristiani assassinati (più della Nigeria, secondo notizie desunte dalla stampa); l'Egitto è il Paese dove i cristiani hanno subito più violenze. L'estremismo islamico si conferma il fattore più insidioso. L'aumento delle persecuzioni si nota particolarmente negli Stati falliti, quelli cioè in cui il potere centrale stenta ad assumere pienamente il suo ruolo: oltre alla Somalia e alla Siria, l'Iraq, l'Afghanistan, il Pakistan, lo Yemen e ora anche la Repubblica Centrafricana. Tra gli altri Paesi in cui i cristiani sono sotto pressione troviamo le Maldive, l'Arabia Saudita, l'Iran, la Libia, l'Uzbekistan, il Qatar.
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