mercoledì 29 aprile 2015
Iniziato il dibattito davanti alla Corte suprema. Il concetto di matrimonio sotto la lente dei togati. Sentenza prevista per giugno.
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La Costituzione americana garantisce alle coppie omosessuali il diritto di sposarsi? I nove giudici della Corte suprema Usa, chiamati a esprimersi sulla questione, sembravano profondamente divisi sulla questione ieri, giorno in cui gli avvocati delle due parti del dibattito si sono presentati di fronte alla Corte costituzionale Usa per argomentare la loro posizione e rispondere alle domande dei togati. Ed è attraverso questo scambio di battute che si può cercare di decifrare l’orientamento dei giudici, che dovranno esprimere una sentenza a maggioranza semplice entro la fine di giugno.  I nove giudici si sono scontrati non solo sulla risposta ma anche sul modo di raggiungerla, esplorando l’istituzione del matrimonio attraverso le lenti della storia, della tradizione, della biologia, della legge, del processo democratico e del ruolo dei tribunali. Il giudice Anthony Kennedy, che potrebbe votare a favore delle nozze gay, fornendo il quinto voto chiave per la loro legalizzazione a livello nazionale, ha detto più volte di essere preoccupato di cambiare una concezione del matrimonio che si è protratta per millenni. Più tardi, però, ha espresso remore a escludere i gay da un’istituzione «nobile e sacra». Il capo della Corte, John Roberts Junior, ha evidenziato invece il suo timore di mettere la parola fine a un dibattito sociale ancora in corso. Il cattolico Samuel Alito ha chiesto se un sì incondizionato alle nozze gay non rischierebbe di aprire la porta ad ogni tipo di unione, compresa quella di «gruppi di quattro persone», mentre Antonin Scalia, pure cattolico, ha espresso la paura che membri del clero siano costretti a celebrare cerimonie in violazione dei loro principi religiosi. Finora la Corte è stata cauta nel pronunciarsi sul matrimonio omosessuale, preferendo lasciare il dibattito ai singoli Stati. Ma ora ha accettato di decidere se Ohio, Michigan, Kentucky e Tennessee, che hanno esplicitamente proibito nel loro ordinamento le nozze gay, abbiano violato la Costituzione. A “costringere” la Corte a intervenire sono stati i verdetti contrastanti di alcuni tribunali federali d’appello, uno dei quali ha sostenuto il diritto degli Stati di approvare le nozze gay, mentre un altro ribadiva il diritto di vietarle. Una contraddizione che la Corte suprema è chiamata a risolvere. Paradossalmente, con il suo intervento la Corte rischia proprio di inficiare l’autonomia degli Stati, radicata nel diritto americano.  Ieri è apparso però chiaro che la decisione non verrà presa in termini puramente legalistici. Più di un giudice ha fatto notare al rappresentante dei gruppi gay, Mary Bonauto, che non si tratta solo di permettere a una nuova categoria di accedere a un’istituzione esistente ma di trasformare radicalmente questa istituzione. E alla domanda del giudice Sonia Sotomayor di spiegare «come l’apertura ai gay può danneggiare l’istituzione », l’avvocato dei quattro Stati, John Bursch, ha spiegato che se si sganciano del tutto matrimonio e nascita di figli, ci saranno molti più bambini nati fuori dal matrimonio, «il che è un problema per la società».
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