martedì 23 dicembre 2014
Che cosa vuole dire celebrare il Natale in questa terra devastata? Ce lo spiega un gruppo di cristiani
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Che cosa vuole dire celebrare il Natale in Siria? Qualche anno fa, quando non c�era ancora questa guerra, in molte citt� si viveva una festa di luci e di simboli. Era un fiorire di stelle e presepi di luci sui palazzi, balconi che riversavano cascate di luminarie, strade addobbate di rosso e oro, le tende delle case scostate di lato per lasciar vedere gli abeti illuminati all�interno, le corali che ogni sera offrivano canti e meditazioni. Era festa per tutti, non solo per i cristiani, in un Paese dove da secoli si viveva insieme, ci si faceva gli auguri reciprocamente, i cristiani ai musulmani per le loro feste, i musulmani ai cristiani per Natale e Pasqua. Un calore vero di gente che si sentiva libera e gioiosa di manifestare la sua fede. Oggi c�� la guerra, ma viene ancora il Natale. E i cristiani lo aspettano, e si preparano. E, chiss�, forse proprio a causa della guerra, della distruzione, della povert�, della morte che ha toccato ogni famiglia, lo attendono in modo pi� profondo. Lo aspettano perch� comprendono che o non � vero niente, o Dio non � Dio, non c��, e la nostra speranza � falsa, oppure Dio c��, ed � un Dio di amore, Uno che solo pu� portare la luce dentro tanto dolore. E come capiamo che Lui � presente? Perch� c�� gente che ha una luce negli occhi, che ha la speranza nel cuore e te la fa sentire. Dio c��, e la fede � come un esercizio di speranza. Anzi, � la messa in pratica della speranza. Ci sono speranze piccole, semplici, quotidiane: ad esempio, sperare che almeno per le feste ci sia un po� pi� di corrente elettrica, il gas per cucinare e il gasolio per scaldarsi. E speranze pi� grandi: meno gente che muore, qualche possibilit� che la guerra finisca� e cominci davvero il cammino verso la pace. E poi c�� la speranza delle speranze: che tutti possano conoscere l�amore di Dio, ed essere finalmente liberi per sempre nell�amore. Ah, s�, questa � LA speranza. Siamo circondati dalla sofferenza, e sappiamo bene che non possiamo evitarla. Dio non ha mai promesso questo, dolore e morte fanno parte della vita. Quello che Dio promette, e mantiene, � insegnarci a vedere il senso di tutto, e quando vediamo il senso, allora siamo liberi. �La verit� vi far� liberi�, � questo il significato delle parole di Ges�. Il presepio � nato con San Francesco. Era di ritorno proprio dall�Oriente (dove aveva potuto predicare il Vangelo perch� il Sultano, visto che Francesco era davvero un uomo di Dio, lo aveva lasciato libero di annunciare la Buona Novella). Tornato in Italia, ha voluto ricreare la povert� del luogo dove Ges� si era incarnato e ha deciso di far celebrare una Messa di notte, nel bosco di Greccio, davanti a una mangiatoia che � diventata altare, con un asino e un bue e le torce dei presenti che illuminavano la radura. Quello � stato il primo presepio. Ma il desiderio di Francesco era cos� grande, che durante la Messa gli � apparso il Signore, proprio come un Bambino nella mangiatoia. Ecco, questo � il nostro Natale (ma dovrebbe essere il Natale di tutti): se lo desideriamo davvero, Dio � l�, viene per noi. Ancora. In una mangiatoia. Non ha bisogno di granch�, pu� venire anche nella Siria devastata dalla violenza. Ha bisogno solo di noi, asini e buoi, pronti a riscaldarlo con la nostra fede. Ha bisogno solo del nostro desiderio, bruciante come le torce nella notte. Se nel nostro Natale non mettiamo il desiderio di Dio, allora � solo consumismo, � solo �la pausa invernale�, l�occasione per ottenere in regalo qualcosa che ci piace. O la lagna degli auguri, spesso convenzionali, di amici e parenti. Ma se c�� il desiderio del nostro cuore, allora s�. Si accende una luce dolce e forte insieme.. Magari solo dentro, nessuno la vede. Ma ce l�abbiamo dentro, e illumina tutto. Perch�, e questa � la buona notizia, DIO �. � l�, fatto uomo per noi. Buon Natale del Signore Ges� a tutti. Ai siriani e a tutti gli uomini di buona volont�.

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