lunedì 1 settembre 2014
Al via una Commissione d'inchiesta. Con l'aiuto dei raid Usa i soldati governativi hanno liberato due città dai miliziani dello Stato Islamico.
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Due mesi. I 20mila abitanti turcomanni sciiti di Amerli, località situata circa 160 chilometri a nord di Baghdad, hanno resistito per due mesi all'assedio jihadista dello Stato islamico (Is). Hanno sopportato la fame, la sete, le stragi e le esecuzioni di massa. Hanno combattuto. E domenica hanno visto entrare nelle strade della loro città la salvezza. I soldati del governo centrale iracheno, affiancati dai combattenti curdi e appoggiati dai bombardamenti aerei americani e governativi, sono infatti riusciti a sfondare le linee jihadiste e a spezzare l'assedio. "È un successo molto importante", ha esultato il generale Qassem Atta, pur ammettendo che in alcune zone della città si continua a sparare. Tutti i villaggi che circondano Amerli sono stati completamente liberati ed è cominciata la distribuzione degli aiuti umanitari. Già sabato Stati Uniti, Australia, Francia e Gran Bretagna avevano paracadutato oltre 40.000 litri di acqua potabile e 7.000 razioni di cibo. Nella notte altre tre tonnellate di aiuti, anche medicinali e attrezzature sanitarie di base, erano state lanciate dai francesi. La situazione non è però ancora stabilizzata e, mentre sul terreno i soldati cercano di mettere in sicurezza la città strada per strada, gli Usa continuano a bombardare i dintorni laddove viene ancora segnalata una più o meno consistente presenza di jihadisti dell'Isis.    Avviato lo scorso 8 agosto, l'appoggio aereo americano ai governativi e ai curdi iracheni aveva già giocato un ruolo fondamentale nella riconquista della strategica diga di Mosul. Nel primo intervento militare di Washington in Iraq dal ritiro delle proprie truppe alla fine del 2011, gli aerei Usa in poco più di venti giorni hanno ufficialmente compiuto 120 raid contro le postazioni dei jihadisti dell'Isis dopo che le Nazioni Unite avevano accusato le milizie radicali di "pulizia etnica" nei confronti di tutte le minoranze, dagli yazidi ai cristiani, ai turcomanni di Amerli. Solo nel mese di agosto 850mila iracheni sono andati a ingrossare le fila dei profughi e degli sfollati interni, portando il totale dei civili costretti ad abbandonare le loro case a più di un milione e 600mila. Un mare di disperati che possono solo sperare in un più deciso intervento della comunità internazionale a fianco delle fragili autorità irachene, sotto attacco anche a Ramadi. Anche stamattina l'esercito americano ha lanciato nuovi raid aerei contro i jihadisti dell'Is in Iraq, vicino alla città di Amerli e la diga di Mosul. Dopo Amerli, domenica è stata liberata anche la città di Sulaiman Bek, sottratta al controllo dei miliziani jihadisti che la occupavano da 11 settimane. Sulaiman Bek si trova nella provincia di Salaheddin, 175 chilometri a nord di Baghdad e non lontano da Amerli. Intanto il vicecommissario dell'Onu per i diritti umani, Flavia Pansieri, ha denunciato che i miliziani dello Stato Islamico stanno commettendo in Iraq "atrocità inimmaginabili", "crimini contro l'umanità" e operazioni di "pulizia etnica". Ma secondo l'Onu, violazioni dei diritti umani e del diritto umanitario sono commesse anche dalle forze di sicurezza irachene e dai gruppi armati che combattono l'Is. In una sessione d'emergenza del Consiglio dei diritti umani, Pansieri ha elencato le azioni violente del gruppo islamista: uccisioni, conversioni forzate all'islam, sequestri, stupri e torture. "Almeno 2.250 tra donne e bambini sono detenuti nella prigione di Badoush a Mosul, nel carcere di Tal Afar e in altri centri di detenzioni controllati dagli jihadisti. Badosh inoltre è stata documentata l'esecuzione sommaria di 650 detenuti, mentre a Mosul sono stati giustiziati leader religiosi, tra i quali dodici sunniti che si erano rifiutati di giurare fedeltà all'Is. Il Consiglio per i Diritti umani ha approvato all'unanimità l'invio in Iraq di una commissione d'inchiesta.
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