mercoledì 30 luglio 2014
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Gentile direttore,
ritorno a lei dopo la mia lettera sul Nobel per Lampedusa, ricorda? "Avvenire" la pubblicò e lanciò una proposta che spero prima o poi abbia un serio sviluppo. Stavolta le invio un’immagine che ho realizzato... (qui a fianco) e che dà corpo all’incubo di tanti veneziani come me. Ora che sta scendendo un silenzio pietoso sul rottame della Concordia (nel caso ritenessero colpevole il comandante... potrebbero condannarlo  ai lavori, qui purtroppo non smettiamo di pensare a scenari da "Morte a Venezia"o da "Cronaca di una morte annunciata". Ma tanti potrebbero essere i titoli a caratteri cubitali da prima pagina. Ci sono idee e proposte per spostare dal bacino di San Marco le navi da crtociera, autentici colossi del mare che oggi vi si affacciano, ma si sa che dalle parole ai fatti ne passa di... laguna!  Nessuno vuole togliere lavoro alla Marittima e a tutto l’indotto tipico della mia città, intendiamoci. Basterebbe affidarsi a proposte intelligenti (tenendo ben presente la lezione del Mose naturalmente) e far capire ai croceristi che Venezia la si può vedere bene dall’alto anche salendo sul campanile di San Marco o di San Giorgio, salutandola con la manina anche da lì! Venezia in pochi anni si è trasformata in Luna park, in mercato libero del vu cumprà insolente e inattaccabile, in discarica, in porta lucchetti di ogni misura e nazionalità, in sfilata di moda turistica cialtrona e indecente, in arrampicate sul Palazzo Ducale, in esibizioni di performance murali nonsense... Insomma, siamo passati dal caro e amato Tiepolo al graffitaro anonimo e incivile. E ne avrei altre da dire. Anche perché, di questi tempi, con le inchieste giudiziarie che corrono, è quasi inevitabile chiedersi che cosa possiamo fare se anche chi dovrebbe sorvegliare e proteggere, chi abbiamo eletto fiduciosi, pensa al proprio profitto. Non è ancora nata forse la persona giusta, ecco. Aspettiamo fiduciosi o non ci resta che sventolare la famosa "bandiera bianca sul ponte" della poesia di Arnaldo Fusinato? Grazie per l’attenzione e cordialità da una veneziana sempre più amareggiata e delusa.
Michela Marchiotti, Venezia
 
Mai rassegnati e mai solo indignati. Resta questo, gentile signora Michela, il motto che più mi convince e che più dovrebbe impegnarci tutti. Purché non sia solo un modo di dire, ma un modo di fare: nella vita, nel lavoro, nell’esercizio dei diritti e dei doveri della nostra cittadinanza. Perciò, per riprendere la metafora poetica che lei cita, penso che l’unica bandiera bianca che meriti di essere alzata è quella che accompagna le trattative di pace (anche in questo senso il bianco è la sintesi di tutti i colori dell’iride). E a Venezia c’è davvero da far pace con il presente e il futuro di una città-meraviglia dal grandissimo passato. Pace che non può darsi senza un uso giusto e proporzionato degli spazi e della bellezza di questo ambiente urbano senza eguali, specialissima capitale delle acque. Sono certo quanto lei che sia ben possibile proteggere il bacino di San Marco da intrusioni inquietanti e sempre più manifestamente indebite e per tutelare le attività economiche di una realtà a eminente vocazione culturale e turistica. Voglio, dunque, considerare il suo incubo fatto fotografia una sorta di pro-memoria per tutti quelli che non si rassegnano e che non si accontentano di coltivare sterili indignazioni.
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