sabato 15 ottobre 2011
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Caro direttore,
ho letto con attenzione la sua risposta alla mia riflessione sul difficile e complicato rapporto tra i cattolici e la politica nei partiti contemporanei. È un argomento delicato che richiede severità d’analisi, ma anche coerenza nei comportamenti e capacità di proposta politica. Del resto, tutti conosciamo il percorso, a volte contraddittorio a volte singolare, che ha accompagnato il viaggio dei cattolici italiani nell’attuale fase politica italiana dopo il tramonto della Democrazia Cristiana. Ricordo, però, caro direttore, che anche i cattolici democratici che operano nel campo del centrosinistra non sempre sono stati «insignificanti» ai fini della concreta elaborazione politica. Ricordo l’iter della Legge 40, che ha registrato proprio il contribuito determinante dei cattolici e la legislazione inerente il settore delle scuole paritarie e la forte sensibilità nei confronti delle scuole cattoliche. Insomma, l’elenco potrebbe essere lungo. Mi fermo qui per ricordare che la mera presenza "testimoniale" non rientra nelle corde del cattolicesimo politico italiano, di cui la tradizione del cattolicesimo democratico e del popolarismo di ispirazione cristiana rappresenta la parte più significativa. Cattolici "protagonisti" dunque, seppur nella quotidiana fatica della mediazione, della fedeltà alle origini e nella concreta declinazione di un’autentica laicità dell’azione politica. Con amicizia.
Giorgio Merlo, Deputato del Pd
 
Accolgo volentieri questa sua postilla, caro onorevole Merlo. Lei mi dice cose di una parte dei «cattolici democratici» che operano nel Pd (o vi hanno operato e, magari, se ne sono dovuti andare) che so bene. Si tratta di impegni e scelte di alcuni, non di pochi ma nemmeno di tutti (e in taluni delicati e gravi passaggi del biennio di governo 2006-2008 neanche di tanti). Anche per questo, comunque, nella mia risposta di tre giorni fa a proposito del frequente abbinamento tra «pane amaro» (partitico e programmatico) e «pietanze scipite» (quanto a valori di riferimento e a capacità di proposta) annotavo che – nei diversi schieramenti, centrosinistra compreso – «non è stato sempre così» e che, pure oggi, «non sempre è così». E meno male. Non penso affatto, insomma, che la «marginalità» da lei evocata e l’«insignificanza» da me annotata siano una condizione o un destino inevitabili per chi ha – e avrà – forza e coerenza per richiamarsi alla grande tradizione politica del cattolicesimo popolare. Penso e spero l’esatto contrario. Per questo cerco di non tenere lo sguardo rivolto all’indietro e di mirare avanti. Ricambio il saluto con identica amicizia.
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