lunedì 30 novembre 2015
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Caro direttore,
vorrei ringraziare per l’editoriale che ha affidato a Ernesto Olivero su “Avvenire” di sabato 28 novembre: un bellissimo messaggio rivolto ai figli, ai nostri figli facendo perno sulle parole di Francesco dal Kenya. Al caro Ernesto dico che il Papa ha commosso anche me, padre di tre bambini, interpellandomi sulle scelte del futuro, su come impegnarmi, su come giocarmi la vita, sulla scelta fra il bene e il male, fra i “sì” e i “no” da dire, da adulti, ai nostri ragazzi ma anche e soprattutto a noi stessi in un mondo dove il terrore e le tenebre sembrano vincere sulla speranza e sulla luce. A questo punto entra in scena il solo aiuto che conta nella vita: confidare in Dio, grazie alle parole e ai gesti di papa Bergoglio, che sprona tutti noi a uscire, avere fiducia nei giovani e nel mondo e insegna a tutti qual è il cuore del messaggio evangelico: dall’onestà all’incontro con il Signore, stando con i più poveri di ogni parte del mondo. Proprio i più disprezzati, i reietti della società sono agli occhi di Dio, e del suo servo Francesco, al primo posto. Quale grandezza da questi messaggi che io genitore molte volte non so trasmettere ai miei figli... Meno male che molte volte sono loro che lo ricordano a me.
 
Massimo Balzola - Orbassano ( To)
È proprio vero, caro amico. Quando ci rendiamo conto dei nostri limiti (di parola, di slancio, di tempo...) nel trasmettere ciò che più vale ai figli e alle figlie, la gioia e la consolazione più grandi ci vengono quando loro, i giovani, sanno «ricordare» qualcosa di importante a noi adulti. Uso esattamente la sua espressione, gentile signor Bazola, perché proprio a questo proposito è quella che più mi piace: ricordare, fare memoria. In momenti cruciali mi commuove sperimentare che è il futuro che viene a rammentarci qualcosa di decisivo su ciò che siamo e sul perché stiamo al mondo, tessiamo relazioni, guardiamo in alto (nello splendido verso di una canzone che amo molto, Ivano Fossati, dice che «il futuro viene a darci fiato»). E “il futuro che ricorda” e che cambia il mondo sono i nostri ragazzi (ciò che noi siamo stati e ancora sogniamo di essere) se appena appena ascoltano davvero, se decidono che vale la pena di farsi ascoltare, se capiscono, e noi con loro, che in ogni tempo è nella buona terra dei figli – cito ciò che Ernesto Olivero ha scritto ieri sulla nostra prima pagina – sono «seminati la santità, l’intraprendenza, il coraggio, il bene». Il nostro Dio parla a tutti anche se – si sa – predilige i piccoli. Ma a tutti, senza eccezioni, Dio offre i suoi «occhi». Quegli occhi giusti, poveri di pregiudizio e ricchi di misericordia, che papa Francesco ci chiede semplicemente di usare, di insegnare e di imparare cento volte di nuovo a usare.
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