mercoledì 17 dicembre 2014
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Gentile direttore,
domenica “Avvenire” ha pubblicato l’editoriale «A marcia indietro?» del professor Carlo Cardia, che ritengo illuminante. Esso sviluppa una riflessione sui gravissimi rischi che da tempo corrono diritti umani fondamentali, primo fra tutti il diritto alla vita sin dal concepimento. Cardia fa riferimento alla recente risoluzione del Parlamento francese che, a larghissima maggioranza, sollecita l’elevazione dell’aborto a diritto fondamentale: una decisione che lascia attoniti, che stravolge il significato della dignità umana e del rispetto dell’altro, e che pone la vita del concepito solo nelle mani della madre. Si intende la violazione della giustizia che viene compiuta. La giustizia si riferisce all’altro (justitia est ad alterum), ma qui l’altro da rispettare non c’è più: è scomparso, non ha volto d’uomo, è “cosa di nessuno” di cui si può disporre a piacimento. Perde significato l’idea che diritto e giustizia siano a protezione dei deboli. Da trent’anni assistiamo a un processo di imbarbarimento nella comprensione di diversi diritti umani, che palesa un antiumanesimo esplicito e un libertarismo senza ostacoli da parte degli adulti. Ben più della crisi economica questi atteggiamenti minano le basi stesse della vita comune.
Vittorio Possenti
Sì, ho trovato anch’io «illuminante» l’analisi di Carlo Cardia proposta, non a caso, domenica scorsa in prima pagina. E ora trovo preziosa, caro professor Possenti, questa sua sottolineatura: ben più distruttiva della crisi economica è la riduzione dell’altro a “cosa di nessuno”. È vero, anzi è più che vero. Il motore della «cultura dell’indifferenza» e della «cultura dello scarto», denunciate con grande efficacia da papa Francesco, è la pretesa di disumanizzare («non è persona», «non è accettabile», «non è felice», «non è degno», «non è vita»...) e, dunque, di considerare irrilevante e manipolabile chi è piccolo, povero, fragile, marginale, inutile... Cioè chi è giudicato imperfetto in un mondo che si è convinto di dover inseguire e perseguire un egoistico perfettismo (che è l’esatto contrario della ricerca della perfezione spirituale, e morale, che da sempre appassiona uomini e donne di fede e di pensiero, non solo cristiani). I suoi calcoli, caro professore, dicono che da una trentina d’anni siamo tentati in diversi modi dalla gravissima «marcia indietro» sul piano degli autentici diritti umani che, constata e mostra Cardia, minaccia di farsi disastrosa. È così, purtroppo. Appare sempre più pervasiva e corrosiva una concezione autoreferenziale e duramente utilitaristica della vita dalla quale germinano diversi mali sociali e, tra questi, l’economia di rapina e di umiliazione (dell’umanità e della natura) che stiamo sperimentando e che è ferocemente “critica”, per sua natura. Non c’è più dubbio – come Benedetto XVI ci ha spiegato nella Caritas in veritate e come Francesco non cessa di ricordarci – che questa crisi è innanzitutto crisi dei fondamenti dell’umano. Del resto, quando una società arriva a considerare un “diritto” l’uccisione del figlio (o la sua “produzione”) e, contemporamente, medita il superamento dell’idea e delle parole stesse che richiamano la maternità e la paternità, la prova è sotto gli occhi di tutti. Di tutti coloro che vogliono vedere. E chi vede e non intende rassegnarsi all’involuzione perfettista (e mercantile), non può che resistere all’antiumanesimo, difendendo i veri diritti della persona, vivendo in un altro modo. E dimostrando che ne vale la pena.
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