mercoledì 16 aprile 2014
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Caro direttore,
due articoli apparsi venerdì scorso sull’Avvenire (uno nelle pagine nazionali, l’altro nella cronaca milanese) mi obbligano a ribadire un’assoluta ovvietà: non ho mai – ma proprio mai – pensato nemmeno per un attimo di suggerire a educatori e insegnanti di non far fare i disegni con mamma e papà nelle classi per non urtare i bambini che crescono nelle “famiglie arcobaleno” (“A scuola niente disegni con mamma e papà” è il titolo del vostro articolo). Le confesso che fatico a capire anche come abbiate potuto attribuirmi una tale sciocchezza. Semmai faccio un ragionamento profondamente diverso e a cui tengo molto. Credo vada gestita con cura e delicatezza la presenza nelle classi (che c’è ora e ci sarà in futuro) di bambini che crescono con due genitori dello stesso sesso. Sono bambini a cui (a loro sì) è oggettivamente complicato far fare disegni con “il padre” e “la madre”. Dunque, un dibattito che parte da un dato di realtà, legato alla composizione odierna delle classi. Ma la gestione della cultura della differenza non può portare a imposizioni paradossali. E ad attribuirmele. Cordiali saluti
Pierfrancesco Majorino
Assessore alle politiche sociali,
Comune di Milano
 
Questa sua precisazione, caro assessore Majorino, è davvero benvenuta e sono contento di leggere che lei, in sostanza, la sente come un obbligo. Anche perché – visto il precedente della cancellazione di “madre” e “padre” dai moduli milanesi per le iscrizioni scolastiche – non mi sentirei di definirla così ovvia. A tutti, per di più, può succedere di dire cose che, magari, non si pensano esattamente nel modo in cui suonano… Proprio per questo, anche stavolta, avevamo provato a sollecitare parole e indicazioni più rasserenanti attraverso il breve e amaro commento che nelle nostre pagine di Cronaca milanese e lombarda aveva accompagnato i puntuali e rigorosi articoli della collega Daniela Fassini. “Avvenire”, infatti, fedele a un costume giornalistico conosciuto e riconosciuto, non ha attribuito a nessuno – tantomeno a lei – nulla che non sia stato affermato pubblicamente e in risposta a precise domande. Detto questo, gentile assessore, prendendo atto della sua precisazione, le confermo che siamo e saremo sempre d’accordo con ogni forma di «cura e delicatezza» nei confronti di chiunque, e a maggior ragione dei più piccoli. E le confermo anche che mai potremo condividere operazioni, esse sì davvero  «paradossali», tese a cancellare dall’orizzonte scolastico e civile delle nostre città e dei nostri figli i concetti e le figure di «mamma» e «papà». Nessuna «cultura della differenza», dice lei, e nessuna differenza culturale, sottolineo io, può essere presa a pretesto per arrivare a una simile imposizione. È bene che lo si dica con chiarezza, e che si agisca in modo conseguente. Ricambio volentieri il suo cordiale saluto.
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