venerdì 17 ottobre 2014
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Gentile direttore,
lo scorso 10 ottobre ho letto su "La Repubblica" le opinioni di un noto teologo "laico", Vito Mancuso, collaboratore di quel giornale. Questo intellettuale, sempre fortemente critico nei riguardi della Chiesa cattolica, entra nel merito di quanto i cardinali stanno dibattendo sulle problematiche relative alla famiglia tradizionale, che ormai sembra essere "passata di moda", anche fra coloro che si definiscono cattolici. Mancuso sostiene, ovviamente dal suo punto di vista, l’arretratezza culturale e storica della Chiesa, specialmente quella italiana, "rea" di avere travisato il Concilio Ecumenico Vaticano II, ecc. ecc. La solita storia! È favorevolissimo alla procreazione eterologa e, in un certo senso, anche al matrimonio fra gay, all’insegna della infinita misericordia di Dio, che tutto perdona, quando esiste l’amore. Queste argomentazioni creano un certo disagio e smarrimento fra i lettori cattolici perché travisano il pensiero del Papa e della Chiesa. Fermo restando il diritto del teologo in questione di esprimere "liberamente" i suoi discutibili punti di vista, ritengo che "Avvenire" possa esprimere i suoi più equilibrati giudizi sui delicati aspetti etici inerenti alla famiglia moderna fortemente in crisi. Tanto più che, mercoledì sera 15 ottobre, sentendo in tv su La7 (alle 20.30),  Nichi Vendola e lo storico Paolo Mieli, inneggiare alle «aperture, finalmente, in materia sessuale», delle Chiesa, ho provato, come cattolico un profondo senso di smarrimento. Che dire? Che succede?
Roberto Giugni, Firenze
Che cosa succede, gentile signor Giugni? Succede, come già ai tempi del Concilio, che si sta svolgendo un "Sinodo dei Padri" e, contemporaneamente, un "Sinodo dei mass media". E succede – lo ha sottolineato Salvatore Mazza, nell’editoriale che abbiamo pubblicato su "Avvenire" proprio mercoledì scorso, cioè lo stesso giorno in cui lei si «smarriva» ascoltando Vendola e Mieli e ripensando alle argomentazioni di Mancuso – che il "Sinodo mediatico" sia fortemente diverso da quello reale, che sta per concludere questa sua assemblea straordinaria e che tra un anno tornerà a riunirsi a Roma in forma ordinaria. Che dire? I giornalisti e gli opinionisti non scrivono e non commentano per caso o soltanto per smania di titolare a effetto o addirittura con l’ambizione di manipolare (almeno nella sua proiezione esterna) un evento immensamente più grande degli articoli o dei dibattiti che lo interpretano e che è segnato in modo bello e luminoso dalla «franchezza, chiarezza e libertà» chieste da papa Francesco. Certamente c’è, e non lo scopriamo di sicuro oggi, anche chi ama fare di questi giochi giornalistici (e c’è chi addirittura si sente investito della grave missione a condurli), ma è un fatto che cronisti e commentatori trovano anche chi dall’interno della Chiesa alimenta aspre contrapposizioni e maldicenze invece che un sano e fraterno dibattito. È una umana debolezza che accompagna praticamente da sempre la straordinaria vicenda della Comunità cristiana, ma oggi è una tentazione accresciuta da possibilità e tecnologie comunicative raffinate e pervasive. Non per nulla proprio il tema delle contrapposizione e delle maldicenze è stato affrontato con grande forza, con evangelica schiettezza e un pressante richiamo alla correzione di questi scandalosi comportamenti sia da Benedetto XVI sia da Francesco, suo successore e nostro Papa. Che fare? Lei lo chiede a me, ma forse dovrebbe chiederlo a se stesso. Io sono un giornalista e amo la libertà e la varietà di espressione che caratterizza il "mio" mondo informativo, ma sono anche un lettore che conserva l’altrettanto essenziale e decisiva capacità di scegliere che cosa leggere, dove farlo e fidandomi di chi. Dico spesso che ognuno è libero di considerare limpide e pulite le fonti che preferisce, ma se poi si ritrova con "maldipancia" in serie dovrà pur chiedersi se se li è andati a cercare oppure sono colpa del destino… Mi sento, poi, di dirle che su tante questioni – compresa naturalmente la vita della Chiesa e quelli che lei definisce i «delicati aspetti etici inerenti alla famiglia moderna fortemente in crisi» – a chi (cattolico e no) è stanco di sentirsi «smarrito» a causa di esagerazioni di diverso segno offriamo cronache accurate, approfondimenti originali e opinioni salde e acute. Non siamo perfetti, ma siamo buoni cronisti, consapevoli del dovere che comporta fare un giornale che dichiara apertamente la propria ispirazione cattolica e ha ricevuto da colui che l’ha ideato e voluto, il prossimo beato Paolo VI, il mandato morale di servire onestamente la Verità con la maiuscola anche trattando le verità minuscole della cronaca quotidiana. Raccontiamo la Chiesa per mestiere e per convinzione, gelosi della sua ricchezza (il depositum fidei), curiosi e grati del suo cuore e delle sue mani generose, attenti alla sua voce e ai suoi diversi accenti e cerchiamo di contribuire, così, a costruire unità nel nome di Cristo, attorno al Papa. È il nostro impegno: l’esatto contrario di quello che ci mette chi fomenta divisioni e fa circolare interessate distorsione e maldicenze. E ogni giorno constato che ne vale proprio la pena.
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