martedì 30 ottobre 2012
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​Caro direttore,
domenica sera in attesa di "Che tempo che fa" (Rai3), mi sono imbattuto in uno scandaloso spot del signor Corrado Guzzanti. Con apparentemente "innocente", maleducata, offensiva e sacrilega ironia "commentava" un canto religioso. Giù le mani da Gesù Cristo! «Morto per amore», anche per il signor Guzzanti! Tutto sarà perdonato dal Figlio dell’uomo, che si è incarnato per me e per tutti, che si è beccato gli insulti, gli sputi, la croce, la morte e l’"abbandono" di Dio, l’odio di tutto il mondo per me e per il signor Guzzanti. Ma il peccato contro lo Spirito d’amore, io credo, non sarà mai perdonato. «Vivo in mezzo a noi», sì vivo: il tempo reale è quello di Dio. Solo i dannati sono morti (legga le testimonianze a riguardo dei pastorelli di Fatima, di santa Faustina, di santa Veronica Giuliani, di Caterina da Siena, di Teresa d’Avila e di un’infinità di altre anime che si sono immolate per tanti bestemmiatori del Nome tre volte santo di Dio). «Fino a quando Tu ritornerai per aprirci il Regno di Dio». Lui ha detto che tornerà all’improvviso come un ladro di notte. In questo disgraziato momento in cui la Terra sembra correre verso la catastrofe, non abbiamo certo bisogno degli insulti a Gesù Cristo del signor Corrado Guzzanti. Grazie alla Rai!
Paolo e famiglia (bambini compresi in fascia cosiddetta "protetta")
Non mi azzardo a immaginare la misura del perdono di Dio. Ma conosco, caro signor Paolo, la misura della pazienza di tanti di noi, poveri cristiani. E sono d’accordo con lei su un punto fondamentale: di certe irreligiose, incivili e insultanti insulsaggini non ne possiamo proprio più. L’esibizione di Corrado Guzzanti sugli schermi della Rai è stupefacente e grave in sé, perché costruita attorno a una parodia deliberatamente offensiva nei confronti di Gesù Cristo, ma anche per la irridente e provocatoria indifferenza nei confronti dei sentimenti religiosi di tantissimi italiani. Da questo punto di vista, che Guzzanti abbia preso di mira "Symbolum 77" – amatissima professione di fede cantata, che dobbiamo al teologo e musicista Pierangelo Sequeri e che io, lei e tanti altri continuiamo a vivere come uno straordinario e moderno "canto di pellegrinaggio" – conferma la leggerezza infelice (o, se si vuole, la volgare pesantezza) del gesto televisivo di un uomo di spettacolo che ha saputo dare ben altre e intelligenti prove di sé. Dispiace davvero. E colpisce che sia stata la Rai, in un momento di grande ascolto sulla sua terza rete televisiva, a riversare nelle case degli italiani tutto questo. Possibile che nel servizio pubblico si possa tranquillamente perdere così oltraggiosamente il senso della misura?
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