giovedì 13 marzo 2014
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Caro direttore,
in piena Quaresima 2013, mai avremmo immaginato che il “Veni Creator Spiritus” intonato dai successori degli apostoli all’inizio del Conclave, indetto per far fronte alla cruciale rinuncia – per coraggio d’amore – di Benedetto XVI avrebbe portato nel giro di tre giorni un frutto così sorprendente di “consolazione” spirituale ed ecclesiale, segno dell’effettiva assistenza dello Spirito Santo, al di là di ogni umana presuntuosa saccenza da gossip e chiacchiera mass–mediatica. Venne così, «quasi dalla fine del mondo», un autentico padre, testimone e maestro di vita e pensiero di Gesù Cristo, che da allora scrive ogni giorno pagine di Vangelo, facendoci pregustare la carezza del Signore e suscitando, in maniera semplice, sublime e commovente le più belle e buone primizie di una autentica primavera di spirito cristiano e umano. Un vero capolavoro dello Spirito Santo, Papa Francesco, come ben fu detto, nel quale non ha poca parte la scelta monastica del nascosto “ora et labora” per il vero bene della chiesa di Papa Benedetto. A chi scrive capitò di appuntare su un foglietto, nei primi giorni di Jorge Mario Bergoglio vescovo di Roma, che «quando si incontra uno così, si può vivere e morire in pace, certi della speranza che non delude», per l’affidabilità di tale guida e la testimonianza in compagnia di e con Gesù: un uomo di Pentecoste, vertice di coscienza spirituale cristiana che, come insegna Caterina da Siena, rivela Gesù Cristo, figlio del Dio vivente, sintesi di affetto di bene e intelletto di vero. Con questi pensieri del cuore nella mente, auguro a lei caro direttore, come a tutti e a ognuno dei lettori di “Avvenire”, di fare tesoro dei gratuiti frutti dello Spirito Santo anche in codesto tempo di Quaresima 2014, guidati da un gesuita francescano, “Dolce Cristo in terra” dallo spirito evangelico di forma cateriniana.
Massimo Roncoroni, Olona (Va)
 
Condivido volentieri il suo augurio con tutti gli altri amici lettori, caro signor Roncoroni. E accolgo con pensosa allegria la sua bella riflessione. Un anno fa, concludevo così il mio editoriale (“Il segno e la gioia”) di saluto all’evento dell’elezione del primo Papa che si è dato nome Francesco: «Questo tempo straordinario, con straordinarie voci di uomini di Dio e con le loro straordinarie scelte impreviste e imprevedibili per gli “esperti”, ci ha ricordato e dimostrato che le categorie dominanti una certa modernità stentano davvero a narrare e a contenere un evento come quello cristiano, sempre sorprendente e in grado di rovesciare schemi e presunzioni. (…) Lo scandalo della Chiesa è questo, è questa la sua scandalosa verità che rompe muri e apre speranze, della quale dobbiamo essere degni».
In questo anno di cammino «davanti e in mezzo al gregge» con la gioia del Vangelo, con gli occhi fissi sulla Luce e sulla Croce di Cristo, attenti alle croci e alle (vere e false) luci del mondo, Papa Francesco ci ha riempito di speranza, ha spalancato porte, ha aperto varchi, ha indicato con paziente e ferma tenacia la direzione per seguire Gesù e far vivere la misericordia del Padre nelle nostre relazioni umane e nelle nostre comunità cristiane e civili. Ci ha aiutato a mettere con più decisione al primo posto gli ultimi: i poveri, gli imperfetti, i senza voce, i senza lavoro, i senza salute, i senza terra, i senza casa, i senza famiglia, i senza pace, i senza successo…
Sono stati, e sono, doni generosi e impegnativi che abbiamo ricevuto con stupore e crescente gratitudine. Doni offerti a tutti, e che abbiamo visto accettare da tantissimi, in modo ancora una volta «imprevisto e imprevedibile», anche in situazioni e da persone inattese. Ma nessuno, mai, è inatteso e “fuori luogo”. Certo non in una Chiesa in cammino per le strade del mondo. Papa Francesco ce lo ha ricordato in molti modi, esercitando l’umiltà dell’ascolto e chiamando, quasi inchiodandoci, con dolcezza, all’ascolto. E a scelte e azioni conseguenti.
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