domenica 28 luglio 2013
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Caro direttore,
sono consapevole che, se nel nostro Parlamento non si sarà capaci di aprire gli occhi sul misfatto che incombe, questo potrebbe essere uno degli ultimi scritti sul valore della differenza-relazione uomo-donna a essere stampato impunemente nel nostro Paese. Approfitto perciò di questo scorcio di libertà d’opinione e discussione su una questione fondamentale e decisiva della vita personale e sociale, per offrire alla considerazione sua e dei lettori di "Avvenire" un pensiero che, da qualche tempo, non abbandona la mia mente.
Assumendo come irreversibile (Giambattista Vico non sarebbe di questo parere) il progressivo distacco in Europa della legge civile da ogni riferimento normativo alla grande tradizione antropologica e morale dell’Occidente che ha compreso il valore generativo, educativo e sociale dell’amore alla luce del significato sponsale del corpo e dell’irriducibile, complementare duplicità della sessualità umana, cosa resta a disposizione dei rappresentanti democratici, chiamati a legiferare, quale utile strumento per affrontare le grandi questioni che attengono al fondamento della vita personale e comunitaria del nostro popolo? Se la riflessione che nasce dalla ragione teoretica e pratica è fuori gioco (chi ha stabilito le regole del gioco ci è debitore di una spiegazione di questo), mi sembra che restino due strade per affrontare i problemi della persona e delle relazioni interpersonali e sociali: quella emotivo-sentimentale-istintiva e quella dell’esperienza elementare della vita individuale e collettiva.
Come la pretesa normatività di una legge per tutti i cittadini possa trovare giustificazione nella reattività, sensibilità o risposta emotiva che è propria solo di alcuni di essi – fossero anche la maggioranza o la totalità dei legislatori – non è questione irrilevante o scontata (il rischio del dispotismo del sentimento, del totalitarismo emotivo o dell’integralismo istintivo è dietro l’angolo). Non ci resta, allora, che da prendere in (seria) considerazione la via dell’esperienza elementare alla conoscenza della realtà uomo-donna, delle relazioni affettive ed educative, della sponsalità e della famiglia. Un’esperienza, quella elementare, che, nascendo dal cuore della persona è comune a tutti, pur esprimendosi con flessioni e accenti individuali e irripetibili. Un’esperienza che rende evidente la realtà che deve essere normata per legge civile e che è intelligibile attraverso la lettura della vita di un popolo, della storia di una società. Una vita e una storia da cui traspare inequivocabilmente il ruolo fondamentale, insostituibile dell’uguaglianza-differenza-complementarità dell’essere uomo-donna nell’origine, nello sviluppo e nell’educazione della persona, così come in ogni sua attività culturale, lavorativa e sociale. Senza l’unidualità maschio-femmina l’intera storia e cultura europea (e non solo) sarebbe incomprensibile.
L’esperienza elementare non discrimina né emargina nessuna condizione umana particolare, ma consente di leggere alla luce di ciò che unisce, accomuna tutti, anche ciò che differenzia e divide. Ed è proprio questa unità di giudizio nella differenza di opinione che rende una legge autenticamente civile, laica. Grazie per la sua ospitalità e per l’attenzione dei lettori.
Roberto Colombo
Grazie a lei, caro professore. Aggiungo più che volentieri – e con una libertà che non riesco a credere sarà negata dalla norma liberticida ancora contenuta nel disegno di legge sull’omofobia – questa sua preziosa riflessione a quelle che abbiamo sviluppato e proposto, anche con il contributo dei nostri amici lettori. Dopodiché, visto e considerato che continua (e si fa, dunque, più impressionante) l’assoluto e incomprensibile silenzio di quanti per dovere sindacale e per passione civile si ergono a "guardiani" della libertà di opinione e di stampa, torno a chiedermi pubblicamente – per il secondo giorno consecutivo – quando si preoccuperanno di dire una parola su questo increscioso tentativo di imporre un bavaglio a chi difende la famiglia, «società naturale fondata sul matrimonio» tra un uomo e una donna, così come anche la nostra Costituzione la delinea agli articoli 29, 30 e 31.
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