martedì 5 febbraio 2013
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Caro direttore,periodicamente torna di attualità, soprattutto in campagna elettorale, il tema del sovraffollamento delle carceri. Fioccano le proposte più disparate che mirano tutte ad affrontare il problema solo nell’immediato: sconti di pena, indulti e amnistia. Mi sembra un discorso perfino elementare: se aumenta il fabbisogno di posti in cella, liberare una parte dei detenuti è solo una misura tampone che dà una boccata di ossigeno al sistema per 3-4 anni, poi la questione inevitabilmente si riproporrà tale e quale. Considero anche fuorviante (per usare un eufemismo) il tentativo che viene fatto di presentare le misure tampone con intenti umanitari (alleviare le sofferenze indicibili dei detenuti ammassati in celle di pochi metri quadrati …) tacendo che la costruzione di nuove carceri è l’unica soluzione che può garantire condizioni di vita dignitose ai detenuti, senza mettere a repentaglio la sicurezza dei cittadini. Si dirà che la costruzione di nuove carceri richiede diversi anni e nel frattempo è indispensabile trovare qualche soluzione-tampone per affrontare l’emergenza. Ritengo che, pur nell’ambito di soluzioni provvisorie, vi possano essere alternative alla sbrigativa liberazione di una parte dei detenuti. Mi risulta che in Gran Bretagna (che, pur essendo tutt’altro che una dittatura forcaiola ha, a parità di popolazione, una popolazione carceraria quasi doppia della nostra) fin dal 1997 con il Governo Major, per fronteggiare un’emergenza simile alla nostra siano state approntate delle navi come prigioni provvisorie. In quel Paese nessun politico,di qualsiasi schieramento, si è sognato di proporre amnistie o indulti!Roberto Pesce, San Giovanni Lupatoto (Vr)Il suo discorso affronta una parte del problema carcerario, gentile signor Pesce, e lo fa in modo razionale. L’altra parte, sulla quale non insisteremo mai abbastanza, riguarda l’impegno per fare del tempo della reclusione un tempo di "recupero" degli uomini e delle donne condannati. L’esperienza – e i numeri con la loro eloquenza asciutta – dicono che là dove c’è formazione umana e spirituale, avvio al lavoro e lavoro propriamente detto, crollano le percentuali di ritorno al crimine. Servono, insomma, delle carceri migliori, e un carcere migliore. Per garantire – come anche lei auspica – dignità ai detenuti e sicurezza ai cittadini.​​
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