venerdì 9 dicembre 2011
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Gentile direttore,
ho letto, non senza qualche sorpresa, il titolo a tutta pagina di un giornale locale del giorno giovedì 1 dicembre con il quale si dava notizia che la Corte di Cassazione avrebbe riconosciuto un maxi risarcimento ai genitori di una figlia Down. 'Nasce Down, maxi risarcimento'. Non potevo non comprare il giornale, perché quel titolo era troppo provocatorio. Dall’articolo prendo atto, quindi, che la Corte di Cassazione, adita da una coppia di perugini non contenti del risarcimento riconosciuto loro dalla Corte di Appello di Perugia (ottantamila euro), dà ragione alla coppia – che evidentemente non riteneva congruo il risarcimento e si è appellata? – introducendo la nozione di risarcimento del danno non patrimoniale da imputare a chi, chiamato a fare una indagine sul nascituro, ha commesso un errore dichiarando che il feto non era malformato; alla nascita infatti fu poi verificato che il bambino era affetto dalla sindrome di Down. La novità della sentenza della Corte di Cassazione è rappresentata dal fatto che si introduce una sorta di diritto ad abortire collegato ai disagi non solo dettati dal danno patrimoniale per le ulteriori non previste spese determinate dalla patologia del bambino, ma anche dal disagio 'relazionale' che il particolare stato della patologia induce nei genitori e in chi interagisce, in senso largo ed allargato, con la famiglia. Per chi scrive, passare dalla sorpresa iniziale al disorientamento e poi al netto rifiuto di siffatta impostazione, è stato un tutt’uno.
Oramai non ci si dovrebbe più meravigliare di nulla, eppure non perdo il vizio. In un mondo di ipocriti che si stracciano le vesti per i cani abbandonati per strada, per le foche monache barbaramente uccise, per le balene cacciate dai giapponesi, è tutto un fiorire di iniziative di falsi buoni, colpiti nel loro lato più sensibile e che non possono trattenersi dal manifestare impegno con iniziative mediatiche su televisioni compiacenti, giornali patinati, circoli riservati. E poi ancora colpisce con quanta melensa ipocrisia gran parte della opinione pubblica sostiene le politiche sociali rivolte ai 'diversamente abili' (modo ipocrita per descrivere chi ha problemi seri).
Tutta questa bella disponibilità svanisce – guarda caso – quando dal gioco si passa alla dura realtà; quando a essere in ballo è la vita delle persone; quando una esperienza diversa e inattesa entra in diretto contatto con la tua. Ecco che allora pare prevalere un’idea di rispetto dell’esistenza che ha a che fare più con una visione edonistica della vita piuttosto che con un atteggiamento volto a coglierne la vera essenza. Ecco che allora quello che a parole questa società dice di voler proteggere, diventa un peso insopportabile e con un cinismo impressionante si decide di eliminare alla radice il problema. Qualcuno dovrebbe darmi una risposta senza tanti giri di parole: se non è 'selezione della razza' questa, cosa è? Ma perché ci riempiamo la bocca di tante falsità? Questa società di ipocriti non farebbe meglio a stare zitta? Poveri illusi, ricercare la felicità in cose che non la possono dare. Chi potrà mai dare la sicurezza che una persona nata 'sana' lo sarà per tutta la vita? Solo perché sana, potrà dare serenità e felicità a chi incontra sulla propria strada? Chi è nella condizione di quantificare la serenità e la gratificazione che anche un figlio non perfetto può darti? Parrebbe che questa società sia marcia dentro, e forse in gran parte lo è. Ma vi posso assicurare che per quanto possano fare, non toglieranno a noi genitori mai la forza per gridare al mondo che anche i nostri figli non perfetti sono delle persone e vanno rispettate in quanto tali. Per questo e a ragion veduta posso affermare che non puoi immaginare cosa può dare e darti un figlio Down.
Alessandro Bartoli, padre di Arianna
 
Aggiungo, per quello che ci sanno trasmettere le sue parole, caro signor Bartoli, solo un grazie. Un bacio ad Arianna.
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