venerdì 8 novembre 2013
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Caro direttore,
conosco il dolore, quello fisico e quello del cuore, lo vivo sulla mia pelle e niente mi può essere più penoso che provocarlo agli altri. Mi dispiace moltissimo se il modo di esprimere il mio pensiero, che riguardava la scelta più profonda e intima sulla mia vita, ha recato dolore a una mamma e a suo figlio. È vero, ciò che ho detto attiene a un argomento controverso e delicato, controverso soprattutto, e forse l’ho espresso sbagliando, con la mia solita eccessiva sincerità e passione. È stato frainteso anche perché non mi è stato dato il tempo per argomentarlo, anzi mi è stata tolta la parola, è stato mandato in onda il blocco pubblicitario e sono stata invitata a lasciare lo studio perché l’argomento si era concluso. Ho sbagliato, ma come si può vedere dal video non ho offeso la sensibilità altrui, né tantomeno criticato o giudicato un percorso diverso dal mio. In quanto mi riferivo solo ed esclusivamente alla mia vita. Non ho mai, dico mai, avuto intenzione di offendere e ferire il coraggio di Massimiliano e l’amore della sua mamma. Ho parlato per quanto riguarda la mia personale esperienza di un grave trauma cranico con le relative conseguenze. Ho espresso un mio personalissimo desiderio di non volere sopravvivere a gravi lesioni e menomazioni permanenti, che un accidente mi avrebbe potuto provocare. Ho chiesto a mia madre come atto d’amore, per la mia sensibilità, di non farmi sopravvivere e di lasciarmi andare nella casa del Padre. Sono una cattolica praticante e rispetto profondamente le scelte diverse dalle mie. Per questo motivo chiedo lo stesso rispetto per me come persona e come essere umano pensante.
Alda D’Eusanio
Prendo per buono il suo «dispiacere» per aver «sbagliato», gentile collega, faccio finta di non aver letto quello che altrove ha dichiarato, e sorvolo sui «fraintendimenti» che lamenta. Del resto, è vero, basta andare a guardare il video della trasmissione di lunedì scorso de "La vita in diretta" per rendersi conto di quel che lei ha detto, parlando per sé, ma giudicando la vita di Massimiliano Tresoldi e l’amore di sua madre. E salta subito agli occhi perché – a più voci – la Rai abbia chiesto subito scusa e organizzato una trasmissione per rimettere le cose a posto e far capire che Max ha una vita vera e uno sguardo niente affatto «vuoto». Max, insomma, aveva capito bene, i suoi genitori e amici avevano capito bene, una marea di spettatori e lettori aveva e ha capito bene. E noi di "Avvenire" con loro. So che Max – formato dall’amore che lo circonda e dalle prove che ha attraversato e attraversa – è oggi un uomo buono e saggio, certo migliore di me. E sono sicuro che apprezzerà e farà buon uso di questo suo «dispiacere», arruffato eppure – ne sono convinto – sentito. Quanto all’uso che facciamo della nostra vita e delle nostre parole (e penso a noi tutti, ma in modo speciale a chi – come lei e me – fa il mestiere di giornalista), mi sento solo di dirle ciò che ripeto a me stesso e che cerco di applicare ai miei giorni e, in questa fase del mio impegno professionale, in ogni articolo del giornale che dirigo: saper rispettare vita e parole, rispettando gli altri, senza pregiudizi e superficialità che feriscono, è compito al quale non possiamo sottrarci. 
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