lunedì 15 settembre 2014
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Caro direttore,
Francesco, anni 21, laurea triennale in Ingegneria Elettronica / Electronic Engineering (corso in inglese) conseguita brillantemente il luglio scorso al Politecnico di Torino, si trova ora a Shanghai dove conseguirà la doppia laurea cinese (grazie al lungimirante progetto di collaborazione fra il Politecnico torinese, quello milanese e la Tongji University). Ma prima deve seguire, oltre ad alcuni corsi, un tirocinio presso un’azienda a Shanghai, avendo già frequentato in Cina il secondo anno accademico, nel 2012/2013. A tal fine ha inviato da luglio duecentocinquanta curricula a tutte le società dei cinque continenti basate a Shanghai con qualche attinenza ai temi dell’ingegneria elettronica, ottenendo una quindicina di risposte (parecchie di cortesia), quattro colloqui di cui due soltanto telefonici, nessuno dei quali si è finora concretizzato. Eppure Francesco continua a cercare, con testardaggine. Anche là non è facile. Nel paese della prima economia al mondo, dove si conversa nella lingua più parlata e più ostica del globo e dove città e infrastrutture crescono alla velocità della luce. Nella città diventata cuore pulsante di quel fervore. Ma Francesco non demorde ed è sicuro di trovare, a giorni, una bella opportunità che lo porterà alla laurea cinese e poi a una magistrale a Torino, Hong Kong o a Chicago. il futuro appartiene a giovani così. Che non si arrendono mai e gettano le fondamenta della propria vita su un terreno bello, fertile e ricco di sorprese nonostante tutto, che si chiama mondo.
Teresio Asola, Torino
Il futuro verrà certamente fatto da giovani come Francesco, il brillante studente di ingegnerie elettronica che lei descrive, gentile signor Asola, e che immagino sia suo figlio. Ma il futuro appartiene – e deve appartenere – a tutti, anche a quelli che non hanno alle spalle una famiglia che meritoriamente (lo faccio anche io con le mie figlie) li mette in condizioni di studiare, di percorrere il mondo, di vivere con testa e piedi in diverse città e, persino, in più continenti. Soprattutto, però, il futuro che immagino, che assolutamente vorrei per i nostri figli e i nostri nipoti e che mi sforzo di cominciare adesso è una casa comune nella quale – torno su una questione che è stata posta anche al centro del dibattito sul rilancio del nostro sistema d’istruzione – chi ha talenti (e ognuno ha il suo, davvero ognuno) non li sotterra e li mette abilmente a frutto per sé e per gli altri. Nessuno, infatti, si salva (e si realizza) da solo, e se questo accade quello non è il “futuro” è appena una individuale scialuppa per il domani, utile eppure insufficiente nei mari tempestosi di una crisi destinata a ricominciare sempre. Sono certo che Francesco tutto questo lo ha imparato da lei e comunque, con il genio generoso e speciale dei giovani, lo sta capendo sempre meglio, anche nella sua esperienza a Shangai. C’è da augurarsi che questa generazione faccia molto meglio della nostra. Sì, il futuro è dei generosi. E generarli, anche moralmente, è ancora compito nostro, gentile signor Asola. Per questo abbiamo da lavorare, con realismo e coraggio. E visto che il futuro, in realtà non ha padroni, a questo orizzonte possiamo continuare a sognare di appartenere tutti insieme.
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