lunedì 11 giugno 2012
A dirlo è l'indagine "Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità" realizzata da Fondazione per la Sussidiarietà e Politecnico di Milano in collaborazione con Nielsen Italia.
L'OSPITE Contro lo spreco cambiare mentalità di Corrado Passera, ministro per lo sviluppo economico​
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Ogni anno in Italia vengono buttati via 12,3 miliardi di euro di cibo, di cui la metà direttamente dai consumatori (6,9 miliardi). Si tratta di 42 kg a persona di avanzi non riutilizzati e alimenti scaduti o andati male, per uno spreco procapite di 117 euro l'anno. Eppure, già oggi quasi 1 miliardo di euro di cibo viene recuperato; l'obiettivo è ora recuperarne altri 6 miliardi, per portare questi alimenti sulla tavola di chi non ne ha a sufficienza. A dirlo è l'indagine "Dar da mangiare agli affamati. Le eccedenze alimentari come opportunità" realizzata da Fondazione per la Sussidiarietà e Politecnico di Milano in collaborazione con Nielsen Italia.Secondo gli esperti, la ragione principale di tutto questo spreco è "il disallineamento tra domanda e offerta e la non conformità del prodotto a standard di mercato". Questo è vero soprattutto a livello domestico, anche se nell'insieme "le imprese della filiera generano più eccedenza delle famiglie". A oggi, gran parte dell'eccedenza alimentare "non viene recuperata per il consumo umano. Solo una piccola parte, poco più del 6%, è donata alle cosiddette 'banche del cibo' e ad enti caritativi". Lo spreco di cibo in Italia è pari a 5,5 milioni di tonnellate/anno, ossia il 92,5% dell'eccedenza e il 16% dei consumi.Eppure, spiega Alessandro Perego, docente di logistica al Politecnico di Milano e curatore della ricerca, "quasi il 50% delle eccedenze generate nella filiera agroalimentare è recuperabile per l'alimentazione umana con relativa facilità, se lo si vuole realmente fare. Certo, occorre un gioco di squadra in cui tutte le aziende della filiera collaborano, in un contesto normativo che tenda a garantire la qualità senza creare inutile burocrazia"."L'indagine - sottolinea Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà - mostra che la collaborazione tra istituzioni, filiera agroalimentare e realtà non profit quale il Banco Alimentare è fondamentale per rispondere al bisogno alimentare di tante persone indigenti. Nessuna crisi e nessuno spreco si vincono con la bacchetta magica o con proclami, ma con un lavoro che richiede collaborazione ed educazione".Il recupero degli sprechi alimentari e la collaborazione con le 'banche del cibo' sono una questione rilevante per le imprese coinvolte: "Siamo molto sensibili al tema delle eccedenze - dice Manuela Kron, direttore corporate affairs Nestlè In Italia - che per un'azienda alimentare leader come la nostra rappresentano uno spreco per ben tre volte: costano quando vengono create, quando devono essere distrutte e perchè non possono più fare ciò per cui sono nate, ovvero nutrire le persone. Per questo, da anni in Italia collaboriamo strettamente con il Banco Alimentare, partner che ci permette di non sprecare e di far diventare una risorsa preziosa per gli altri le nostre eccedenze, mettendo a disposizione dell'Associazione alimenti di ottima qualità ed edibili ma che per varie ragioni non possono più essere venduti. Auspichiamo che sempre più aziende alimentari scelgano di organizzarsi in questa direzione, partendo dalle linee guida ben disegnate da questa indagine"."Se da un lato i risultati ci allarmano, per i volumi di spreco evidenziati - conclude Andrea Giussani, presidente di Fondazione Banco Alimentare Onlus - dall'altro ci rassicurano sulle scelte intraprese e ci stimolano a dare il massimo. Questa ricerca rappresenta anche una finestra sulla realtà per tutti gli attori della filiera agroalimentare, industrie e distributori in primis, e mi auguro li stimoli a considerare sempre più strategico il donare le proprie eccedenze a chi con costanza e continuità quotidianamente combatte la povertà e il disagio sociale attraverso il loro recupero e la redistribuzione".
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