venerdì 22 maggio 2015
​Nuova grana per il governo: bocciata la norma sul pagamento "rovesciato" dell'Iva nella grande distribuzione. La legge di stabilità aveva stimato 700 milioni di euro di recupero dell'evasione.
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Nuova grana finanziaria per il governo Renzi. Archiviata la questione pensioni, con la bocciatura da parte della Consulta del blocco delle indicizzazioni e la conseguente misura tampone del bonus, dall'Unione europea arriva una doccia fredda sull'Iva. La Commissione Ue ha comunicato al Consiglio che si oppone alla richiesta italiana di deroga per estendere la reverse charge dell'Iva alla grande distribuzione perché non è in linea con l'articolo 395 della direttiva sull'Iva. Lo comunica la Commissione Ue spiegando che la norma, nota anche come "split payament" è ancora sotto esame. La misura vale circa 700 milioni nel bilancio. Per la Commissione, "non c'è prova sufficiente che la misura richiesta contribuirebbe a combattere le frodi. Ed è inoltre dell'opinione che tale misura implicherebbe elevati rischi di spostamento delle frodi al settore del commercio al dettaglio e ad altri Stati", ha detto Vanessa Mock, portavoce del commissario. Cosa prevedeva la reverse charge dell'Iva. Dall'applicazione della norma non avrebbe cambiato nulla per i consumatori finali perchè nell'ultimo passaggio sarebbe spettato al commerciante il versamento sia della quota di Iva sull'acquisto del bene sia sulla vendita finale. Per il fisco, invece, sarebbe cambiato molto perchè - sosteneva il Governo - si sarebbero bloccate alcune forme di evasione piuttosto diffusa, eliminando anche la formazione di crediti fiscali. Le vecchie regole prevedono che il produttore vende la merce con l'Iva che incassa e versa, l'intermediario paga la merce con l'Iva e la rivende applicando l'Iva all'acquirente successivo, ma prima andare alla cassa del fisco deve vedere se ha un debito o se tra Iva-acquisto e Iva-vendita vanta un credito. Così la filiera prosegue fino alla fine, quando l'acquirente finale paga l'importo più alto e la relativa Iva che però viene versata dal commerciante. Il reverse charge "rovescia" il concetto. A versare concretamente l'Iva non è più chi vende ma chi acquista, con una sorta di autofattura sul venditore (che quindi non potrà più far finta di non aver venduto la merce). Solo nell'ultimo passaggio il commerciante paga l'Iva sull'acquisto e l'ulteriore quota che applica sulla vendita.    Ma la Commissione ha deciso appunto che tale ipotesi "non è in linea con l'articolo 395 della direttiva sull'Iva".
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