venerdì 6 gennaio 2012
​Si aggrava l’emergenza lavoro per chi ha meno di 24 anni. Il precariato supera il 10% degli impieghi. I disoccupati all’8,6%, oltre i 2 milioni e 100mila. Sono i pesanti effetti della crisi: 670mila gli occupati in meno dal 2008.
Bagnasco: lavoro, sviluppo e famiglia siano priorità
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​Mentre il governo ragiona su come riformarlo, il lavoro, lentamente, sta scomparendo. La recessione iniziata già dal terzo trimestre dell’anno scorso ha fatto registrare un aumento dei disoccupati (+1,9%), soprattutto donne e giovani. Ma a novembre, cioè nella parte finale del 2011, l’Istat ha rilevato la situazione peggiore degli ultimi 18 mesi: il tasso di disoccupazione è risultato ancora in salita e pari all’8,6%, equivalente a 2 milioni e 142mila individui. Per i giovani la situazione è un vero disastro: il 30,1%, quasi uno su tre, è a spasso, il valore più basso almeno dal gennaio 2004. È una condizione aggravata anche dalla maggior permanenza al lavoro di chi ha almeno 55 anni: questi, per effetto dell’invecchiamento della popolazione e degli aumentati requisiti pensionistici, sono saliti nel 3° trimestre di 168mila unità, andando a compensare i 157mila minori occupati fino a 34 anni. Inoltre, fra i giovani che lavorano si moltiplica la condizione di occupato "in bilico": per il continuo ricorso delle imprese a contratti che prevedono il tempo determinato e il tempo parziale, ormai in generale il precariato ha superato il 10% degli impieghi. Non va meglio alle donne che perdono posti a favore degli uomini i quali, almeno loro, vedono seppur di poco diminuire la disoccupazione e crescere l’occupazione. Insomma, è allarme rosso. Per troppo tempo i fari sono rimasti accesi solo sui conti pubblici, mentre l’economia - dopo una precaria ripresa e senza aiuti concreti - è tornata a traballare. Ne fanno le spese imprese e lavoratori. Questi ultimi sono quasi 700mila (670mila) in meno rispetto al periodo antecedente la crisi del 2008-2009: a novembre 2011 erano appena 22,9 milioni, con un tasso di occupazione soltanto al 56,9%, ancora lontanissimo dal livello minimo del 70% raccomandato a Lisbona dall’Unione europea. Per capire come ci troviamo, basti pensare che in Germania ci sono complessivamente circa 82 milioni di abitanti e gli occupati sono ben 41 milioni, invece noi italiani siamo quasi 61 milioni e i connazionali al lavoro sono anche meno di 23 milioni. Ma torniamo ai dati Istat, esaminando nel dettaglio le situazioni più dolenti: i giovani e le donne che, denuncia Fulvio Fammoni della Cgil, «sono i sacrificati alla crisi». La disoccupazione giovanile al 30,1%, con un’esplosione dello 0,9% rispetto a ottobre e dell’1,8% su base annua, è ormai «una vera e propria emergenza sociale», lamenta Giorgio Santini della Cisl. Quanto all’aggravamento della situazione del lavoro femminile, che si oppone al discreto miglioramento di quello maschile, i dati snocciolati dai tecnici di via Balbo parlano chiaro: sempre a novembre, l’occupazione maschile segnala una variazione congiunturale positiva (+0,4%) e risulta sostanzialmente stabile nei dodici mesi, al contrario l’occupazione femminile diminuisce sia rispetto al mese precedente (-0,9%) sia su base annua (-0,7%). Il tasso di occupazione maschile (pari al 67,6%) cresce di 0,3 punti percentuali in termini congiunturali e diminuisce di 0,1 punti rispetto a novembre 2010, mentre quello femminile (pari al 46,2%) è in calo nel confronto con il mese precedente di 0,4% e di 0,3% in termini tendenziali. Infine, a conferma dell’aggravarsi del quadro generale, sale nuovamente l’incidenza della disoccupazione di lunga durata: nel terzo trimestre 2011 era al 52,6%, il dato più elevato almeno dal 1993, e testimonia per il cislino Santini la «sempre maggiore difficoltà a reimpiegare le persone che perdono il lavoro».
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