lunedì 23 settembre 2013
I ministri Giovannini e Delrio parlano con Avvenire. E ammettono: risposte serie o conflitto tra generazioni. Sei under 35 su dieci pronti a partire: all’estero si trova lavoro e si guadagna il doppio. Ma in 5.000 nel 2012 sono rientrati per portare la loro esperienza in Italia. (di Marco Iasevoli)
EDITORIALE La scelta urgente di Marco Tarquinio
Generazione con la valigiapronta a tornare per il rilancio
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«L’adolescenza ingannommi, la gioventù seco mi trascinò», cantava Francesco Petrarca. La casa natìa del poeta dorme discreta e silenziosa tra le colline di Incisa Val d’Arno, ma quei versi autobiografici sono più vivi che mai e, forzandoli un po’, sembrano lanciare un monito attualissimo: una generazione di giovani che ha sognato di vivere nel settimo Paese più ricco del mondo sta colando a picco, non regge più, non riesce a pensare il futuro. «Se non ci sbrighiamo, se non mettiamo a tema le vere priorità, tra 30 anni avranno delle pensioni da fame», spiega agitando le mani il ministro del Lavoro Enrico Giovannini. «Non agire, far finta di non vedere sarebbe un tradimento consapevole, un vergognoso egoismo. E invece la realtà è sotto gli occhi: i giovani trovano tardi una prima occupazione, si affannano a lungo nella precarietà, hanno continue interruzioni dei contratti. Il sistema contributivo li penalizzerà, li colpirà duramente se il Paese non torna a crescere stabilmente», spiega l’uomo del governo che sta scrivendo il taglio del costo del lavoro, ma che aspetta la fine del lunghissimo dibattito su Iva e Imu per capire quante risorse ha davvero a disposizione.Giovannini parla in una saletta riservata della Cittadella di Loppiano mentre fuori un gruppo di giovani del Movimento dei focolari lo aspetta per una stretta di mano e per chiedergli di "non accontentare troppo le richieste dei partiti". Qui, tra questi ragazzi, la politica non è un mostro da esorcizzare, ma la ricerca di una via d’uscita. La implorano quasi a Giovannini, la chiedono a gran voce in un lungo dialogo serale su legalità e bene comune con Graziano Delrio, il ministro degli Affari regionali. E anche lui, il "renziano" del governo Letta, si anima, si agita: «Avete ragione, il governo è nato per dare queste risposte. Se dipende solo da noi ministri, posso dire con assoluta certezza che siamo determinati ad andare avanti sul programma che ci siamo dati». D’altra parte l’ex presidente dell’Anci, con nove figli da crescere, non è certo insensibile al grido dei giovani. «Noi come padri saremo messi sotto processo se non faremo uno sforzo di solidarietà, c’è il rischio di uno scontro generazionale. Però una cosa voglio dirla: basta a darci deleghe in bianco, entrate in politica, entrate nei consigli circoscrizionali, nei consigli comunali. Se state a guardare non potrete incolpare solo la politica».Ministri, nella distrazione generale cresce il numero dei Neet, quelli che non studiano, non lavorano e non si formano…Giovannini Mi creda, se c’è un dato su cui non dormo la notte è questo. I Neet sono 2,2 milioni, un esercito. Sa con loro quanto perdiamo? 25 miliardi di euro all’anno. 25 miliardi bruciati, il 2 per cento del Pil. Il lavoro dei maestri e degli insegnanti va al macero. Uno spreco intollerabile. Abbiamo già iniziato a rispondere con i provvedimenti di questi mesi: incentivi per le assunzioni dei giovani, più orientamento universitario, alternanza scuola-lavoro, tirocini con valore di crediti formativi negli atenei, stimoli alle start-up. Ma le statistiche ci indicano soprattutto la strada dei tirocini: chi ha questo tipo di esperienza poi lavora prima.Delrio Lo sto ripetendo con tutta la voce che ho: i Neet, come numero, rappresentano la decima regione italiana. È con loro che rischiamo una frattura definitiva. Il problema non è solo che non lavorano, ma che escono fuori dalla convivenza civile, possono sentirsi espulsi, messi ai margini, possono essere attratti dall’illegalità. Io credo che sia questo il vero bivio che il governo deve mettere dinanzi ai partiti: se ci lasciate lavorare su questa assoluta priorità, bene. Altrimenti ve ne assumete la responsabilità.Tuttavia il dibattito sui costi del lavoro e sui cardini della legge di stabilità langue ed è sottomesso alle polemiche tra i partiti su Iva e Imu. La "partita del fisco" è in contrapposizione agli interessi dei giovani?G. Io non voglio entrare nelle polemiche. Iva, Imu e costo del lavoro fanno parte di una strategia complessiva del governo per stimolare la crescita e legarla all’occupazione. Stiamo facendo delle valutazioni con il Tesoro in vista della legge di stabilità per capire quali misure sono più adeguate per agganciare la ripresa. Non le dico "Iva si-Iva no", non voglio stare al gioco dei partiti. Dico soltanto che gli italiani sanno fare dei sacrifici quando è spiegato loro il senso. Appena nel 2011 discutevamo di quanto aumentare le tasse per salvarci, oggi discutiamo di cosa diminuire, mettiamo 4 miliardi su lavoro e ammortizzatori e investiamo risorse sulla scuola, cosa che non avveniva da tempo immemorabile. Io vedo, e le statistiche dell’Istat me lo confermano, che gli italiani stanno recuperando fiducia e prendono molto sul serio il lavoro che stiamo facendo. Ad esempio: il numero di chi non lavora è tragico e siamo d’accordo, però ci sono degli indicatori che dicono che sta diminuendo la prospettiva di disoccupazione, segno che l’impegno del governo in questa direzione è stato colto. Ecco, la fiducia è un elemento indispensabile. Se c’è fiducia l’intervento sul cuneo fiscale muove nuova occupazione, se non c’è viene messo a risparmio ed è inutile.D. Non c’è dubbio che si stia creando un cortocircuito tra interessi dei partiti e interessi dei giovani, e questo è gravissimo per la politica stessa. Ciò non fa che aumentare lo sconcerto, lo spaesamento e il distacco. Io non voglio parlare in astratto, entriamo nel merito delle cose. Prendiamo l’Iva, e ragioniamo voce per voce, capitolo per capitolo. Ad esempio: siamo d’accordo che non deve salire sulle cooperative sociali, visto che queste realtà stanno dando lavoro e stanno contribuendo alla tenuta sociale e civile del Paese? Io credo che sia sacrosanto e che chiunque possa riconoscerlo. Ed è così che bisogna ragionare, ci sono realtà produttive che possono reggere un punto di Iva e altre che non possono, perché questa crisi non ha colpito tutti allo stesso modo. Lo stesso discorso di merito, e non ideologico, andava e andrebbe fatto sull’Imu. È di queste ore il dato che ci riporta sopra il 3% del deficit. E il debito pubblico, vero fardello lasciato sulle spalle dei giovani, non dà segni di caduta: con questi numeri come si può indurre un giovane a pensare con fiducia al futuro?G. Io nel 1997 lavoravo all’avvio dell’Unione monetaria, e sono orgoglioso di quello che è stato realizzato. Perché al cuore di quell’accordo c’era un patto di responsabilità per i giovani: mai più debito da lasciare sulle spalle dei figli. Perciò oggi, se fossi un ragazzo e sentissi un politico gridare "via dall’euro, basta moneta unica", mi infurierei e gli direi: "Ma davvero vuoi continuare a fondare il tuo benessere sulla mia povertà?". A fianco a questo ragionamento di principio, è importante inserire subito, nella legge di stabilità, un segno concreto di solidarietà tra le generazioni: se l’intervento sulle pensioni d’oro ha dei nodi legislativi, si può benissimo agire sui "pensionandi" d’oro, su quelli che ancora non hanno maturato il diritto. È vero che non porta tanti soldi alle casse dello Stato, ma mi piacerebbe che si uscisse dai tecnicismi e si comprendesse la portata di equità e giustizia sociale che un simbolo del genere comunica al Paese.D. Oltre ogni chiacchiericcio politico penso di poter dire che la maggioranza che regge questo governo sa benissimo che dobbiamo rientrare sotto il 3 per cento entro la fine dell’anno, e lo si farà senza mettere in discussione né la stabilità del governo né la credibilità del Paese in Europa. Ma certo c’è da prendere di petto il tema del debito e delle dismissioni: abbiamo iniziato a restituire gli immobili ai comuni e ad attuare il federalismo demaniale, e per quanto mi compete a breve sarà pronto il decreto-municipalizzate: scriveremo regole ferree per aprire al mercato le realtà produttive e per riportare all’ordine quelle che ora non offrono valore aggiunto alle comunità.  Ministro Giovannini, per stimolare i tirocini c’è 1 miliardo messo in campo dall’Ue per la cosiddetta "Garanzia giovani". Quando parte e cosa può produrre?G. Stiamo avendo incontri continui con regioni e province. È un progetto ambizioso, l’obiettivo è che qualsiasi giovane abbia un’esperienza di stage, tirocinio e formazione entro 4 mesi dalla fine degli studi. Ma il progetto deve coinvolgere tutta l’Italia e non solo lo Stato centrale. Proprio nelle ultime ore ho mandato una lettera a Confindustria e altre associazioni datoriali perché diano un contributo serio. Gli effetti possono essere notevoli: se pensa che abbiamo già stanziato risorse per circa 80mila tirocini, con 1 miliardo si può fare molto di più, si può superare questo numero. Vogliamo poi impegnare risorse per potenziare i centri per l’impiego, accompagnare i giovani all’entrata nel mercato del lavoro, come avviene in altri paesi. Si tratta di un inizio, però: io ritengo che la grande opportunità siano i Fondi strutturali 2014-2020, quelli sì in grado di capovolgere la situazione dei giovani. Se ben utilizzati, ovviamente…Oltre al cuneo fiscale, cosa deve far parte di un pacchetto-giovani davvero efficace?G. Alla luce dei rischi legati al nuovo sistema pensionistico contributivo in presenza di vite lavorativi discontinue, credo che ci voglia una previdenza nuova per i giovani. Facciamo l’esempio del riscatto della laurea: quando hai avviato l’iter, poi devi pagare le rate sia che tu stia lavorando sia che tu sia disoccupato. Non va bene. Ci deve essere flessibilità, devi poter interrompere. E ci devono essere strumenti flessibili in grado di integrare i buchi lavorativi. La proposta sul reddito d’inclusione che ho presentato l’altro giorno al Senato va in questa direzione. E poi occorre promuovere di più i fondi pensione, presentarli non appena inizia il percorso professionale. Speriamo di poter inserire qualcosa su questi temi già nella legge di stabilità.D. Credo che una misura che indichi bene il senso di marcia siano i 2 miliardi stanziati per i mutui ai giovani. Si può e si deve fare di più. Lavoro e casa sono due facce della stessa medaglia, e gli interventi devono procedere insieme. Una coppia di ragazzi potrebbe anche decidere di sfidare la precarietà lavorativa e costituire un nucleo familiare, ma deve avere sostegno e protezione. Non si investe sui giovani solo per creare più occupazione, ma anche per stimolare il risveglio demografico, che sappiamo essere un altro problema drammatico.In sintesi, quanto costerebbe ai giovani una crisi di governo?G. Lei conosce il mito di Sisifo? Beh, il povero Sisifo fu condannato da Zeus a spingere un masso sino alla cima di un monte. Ma ogni volta, raggiunta la vetta, il masso rotolava giù. Ecco il costo della crisi: abbiamo quasi portato l’Italia al riparo, non possiamo lasciarla precipitare un’altra volta.D. Nessuno di buon senso auspica in questo momento una crisi di governo. Questo esecutivo deve avere l’opportunità di sviluppare le sue politiche economiche senza ricatti, ha il dovere di fare e il diritto di essere valutato sui fatti.
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