sabato 17 ottobre 2015
Il sottosegretario Giacomelli: le chiusure saranno l’extrema ratio. L’Ipo avviata lunedì è già completamente coperta Il Tesoro può sperare di raggiungere i 3,7 miliardi di incasso massimo.
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Il piano di chiusura degli uffici postali sarà ridimensionato. Che questo fosse possibile lo si era già capito lunedì scorso, durante la presentazione dell’offerta pubblica iniziale (Ipo) per il collocamento dell’azienda in Borsa. In quell’occasione l’amministratore delegato Francesco Caio aveva spiegato di avere visto «una reazione di affetto» in molte delle aree coinvolte dal taglio degli sportelli, una reazione che aveva indotto i vertici del gruppo a fare qualche «riflessione aggiuntiva» senza comunque modificare in maniera sostanziale il piano industriale. In realtà la frenata sulle chiusure sarà significativa e questo per volontà di quello che, anche dopo l’Ipo, resterà il principale azionista del gruppo: il ministero dell’Economia.Antonello Giacomelli, sottosegretario allo Sviluppo economico con delega alle Comunicazioni, ieri in audizione alla Camera nel rispondere all’ennesima interpellanza sulla chiusura di un ufficio postale – in questo caso quello di Ombriano, in provincia di Cremona – ha chiarito che il governo considera le chiusure una «extrema ratio». L’esecutivo non ha strumenti giuridici per intervenire direttamente, dato che la regolazione del settore postale è stata affidata all’Autorità garante per le Comunicazioni, però può agire in quanto azionista. Ed è quello che è stato fatto: il governo si è mosso con la «determinazione di una linea politica industriale» inserita nel Contratto di programma su cui «si è conclusa la fase di negoziazione tra Mise e Poste con reciproco scambio di consenso sul testo finale». Nella nuova ottica, ha spiegato Giacomelli, «la capillarità della presenza di Poste non è un peso o un onere ma un asset strategico, un valore: dunque ogni chiusura, per quanto giustificata e dentro le regole del servizio universale, impoverisce un asset della società e il governo come azionista considera questo un punto su cui riflettere». In quest’ottica «la rete è un asset, serve ogni iniziativa per valorizzarla e per incrementare l’offerta. Occorre quindi intervenire sul rapporto costi-ricavi lavorando sul potenziamento della voce ricavi in termini di servizi, prima di considerare altre possibilità». Pertanto «l’ipotesi di intervento in riduzione ammesso è confinata nell’indicazione dell’azionista come extrema ratio, come sconfitta di ogni ricerca di possibilità alternativa. Poste si impegna a ricercare e valutare prioritariamente ogni possibilità di potenziamento complessivo dei servizi anche attraverso accordi con le Regioni e gli enti locali».È improbabile che il ridimensionamento del piano di chiusure abbia un impatto sull’Ipo in corso (anche se questo era incluso tra i "fattori di rischio" per l’azienda). L’offerta, fino a un massimo del 38,2% delle azioni, è già stata completamente coperta nei primi tre giorni. Il "road show" internazionale è ancora in corso e quindi ci sono buone probabilità che il Tesoro riesca a piazzare le azioni a una cifra vicina al massimo della forchetta di prezzo indicata (tra i 6 e i 7,5 euro) arrivando a incassare il massimo, 3,7 miliardi.
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