martedì 30 giugno 2015
Parla il direttore dell’Osservatorio greco per la crisi: «Tsipras non ha mai avuto un chiaro programma e questo referendum è insensato. La Bce? È stata equilibrata»
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Una tragedia annunciata. Un Paese ormai fuori controllo. Un governo senza né coraggio, né un programma politico chiaro. Una decisione, quella del referendum sugli aiuti dei creditori internazionali del prossimo 5 luglio, che a molti è parsa una sorpresa, ma che forse era già stata preventivata. La Grecia non è mai stata così vicina all’uscita dall’euro. Dimitris Katzikas, economista e direttore dell’Osservatorio greco per la crisi, ci spiega cosa stia succedendo, non lesinando critiche al governo guidato dal primo ministro Alexis Tsipras.Professor Katzikas, la Grecia stavolta sembra veramente a un passo dal default. Può spiegare che clima si respira nel Paese?Siamo in una situazione di caos totale. Il Paese è letteralmente fuori controllo. Adesso poi, con le misure restrittive per la circolazione dei capitali, è completamente bloccato.Ma l’esecutivo non poteva frenare prima questo prevedibile fenomeno?Assolutamente sì, anche perché sono manifestazioni dettate dall’onda emotiva. Tuttavia, e qui esprimo solamente la mia opinione personale, non ho prove che sia così. Questo ed altri atteggiamenti da parte del governo, mi fanno pensare che il referendum non sia stato un gesto impulsivo, dell’ultimo minuto.Che intende dire?Che Tsipras e il suo governo potrebbero averlo preventivato almeno tre settimane fa.E quale sarebbe la strategia dietro a questa scelta?In questi mesi non ho visto una grande strategia. Anzi, hanno detto tutto e il contrario di tutto, più volte ho avuto impressione che navigassero a vista. Per quanto riguarda il referendum, nello specifico, da una parte c’è innegabilmente un governo che non ha il coraggio delle sue azioni, altrimenti non avrebbe lasciato a un popolo stremato una decisione tanto importante. Dall’altra, però, ci potrebbe essere un discorso di opportunità per il premier Tsipras. I sondaggi sono molto incerti, ma per il momento il sì sembra prevalere. Se dovesse perdere il referendum, a quel punto avrebbe la possibilità di fare un rimpasto di governo, cercando di eliminare la corrente più anti austerity e anti europea del suo partito Syriza, che al momento è una delle cause della sua inazione, ma non la sola.Che idea si è fatto lei del referendum?Definirla una scelta scriteriata e senza senso è già poco. Ma lei si rende conto che il popolo greco sarà chiamato a pronunciarsi su un documento che è una bozza e nemmeno l’ultima in ordine temporale? E poi se viene fuori un’altra proposta in queste ore, cosa facciamo, un altro referendum? E non mi faccia dire del popolo greco: non sa nemmeno letteralmente cosa si voti, nessuno li ha informati delle conseguenze se dovesse passare il sì o il no. Completamente allo sbando.Che cosa deve aspettarsi, adesso, la Grecia?L’uscita dall’euro ora è reale. Seguiranno settimane di incertezza, anche se si dovesse riuscire a strappare un accordo condiviso.Qual è la sua opinione sull’operato del premier Tsipras?L’ho detto ancora prima che venisse eletto e lo ripeto: non ha un programma chiaro. A volte ho la sensazione che sapeva già che sarebbe andata a finire così. È schiavo di un dilemma: se imporre nuovi sacrifici ai greci oppure uscire dall’euro. La verità è che in questi mesi abbiamo perso un sacco di tempo.Pensa che si tornerà al voto?Non credo e spero di no, perché tornerebbe a vincere Syriza, ma il premier Tsipras si ripresenterebbe con lo stesso dilemma e relative conseguenze.Come giudica l’operato della Bce?Credo si sia comportata con grande equilibrio, lasciando invariati i fondi per la liquidità di emergenza. Il problema sarà cosa faranno da mercoledì. Se i fondi non verranno più erogati non ci saranno più banche in Grecia. E le banche lo sanno.
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