venerdì 1 aprile 2016
Tasso generale all'11,7%. Migliora di un soffio quella giovanile. In calo i dipendenti a tempo indeterminato. 
Pensioni, qualcosa da ben fare 
(Francesco Riccardi)
Senza gli incentivi 97mila posti in meno
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Lieve aumento dei disoccupati, sensibile diminuzione degli occupati. Il mercato del lavoro italiano frena a febbraio e, rimasto senza il carburante dei maxisconti contributivi, fa segnare una secca riduzione dei dipendenti a tempo indeterminato, mentre torna ad allargarsi l’area degli inattivi. L’aggiornamento dei dati è arrivato ieri dall’Istat e ha dato fiato alle polemiche di rito, con il governo stavolta sulla difensiva, le opposizioni che mettono nel mirino il Jobs act e le forze sociali preoccupate per una ripresa che pare rallentare anche sul decisivo fronte del lavoro.  Se il 2016 era partito bene, a febbraio c’è stato un rimbalzo negativo, con un calo di 97mila occupati. La diminuzione si concentra nella fascia d’età 25-49 anni e colpisce il lavoro dipendente, dove diminuiscono di 92mila unità i posti stabili e di 22mila quelli a termine (mentre c’è un piccolo recupero degli autonomi: +17mila). Dopo il balzo di gennaio, che va «associato presumibilmente al meccanismo di incentivi della legge di stabilità» dello scorso anno, scrive l’Istat, i dipendenti a tempo indeterminato sono ridiscesi al livello di dicembre. report Si tratta del primo calo dall 'inizio del 2015 e il dato (già emerso con l’ultimo dell’Inps) rischia di confermare ciò che molti analisti temevano: nonostante i licenziamenti più «facili» introdotti dal Jobs act, con la riduzione degli sgravi (scesi a gennaio da 8.000 euro annui per un triennio a poco più di 3.000 per due anni) il che ha visto ampliarsi la platea dei contratti stabili potrebbe ora ridimensionarsi. Anche perché le prospettive economiche sono meno solide di come sembrava trend solo qualche mese fa. Nel raffronto annuo il numero degli occupati resta in crescita a febbraio, ma Fattivo si riduce a 96mila unità (dal +230mila tendenziale segnato a gennaio). Si conferma inoltre che l’apporto decisivo nella ripresa dell’occupazione arriva dagli ultracinquantenni, tra i quali si registrano ben 286mila posti in più. Perde colpi invece la fascia centrale del mercato del lavoro (35-49 anni) con un calo di206mila posti. Effetti che probabilmente da una parte derivano dalla più lunga permanenza in attività dovuta alle riforme pensionistiche, dall’altra dal persistere di ampie aree di crisi nel Paese. Resta scoraggiante il tasso di occupazione sceso a febbraio al 56,4% e oggi ancora ben 2,5 punti sotto il picco registrato nel 2008 prima della crisi (58,9%). Innumeri assoluti, al di là delle piccole oscillazioni mensili, in Italia lavorano oggi circa 22,5 milioni di persone, poco più di un italiano su tre. Il tasso di disoccupazione cresce all’l 1,7% (+0,1% mensile), mentre scende al 39,1% (-0,2%) nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni. Resta positivo invece il raffronto annuale: nel febbraio 2015 i senza lavoro erano il 12,2% nella media generale e il 41,4% tra i giovanissimi. L’Istat rileva poi che gli inattivi sono tornati a report salire rispetto a gennaio (+58mila su gennaio), ma sono calati di 99mila in dodici mesi. E ai dati annuali guarda il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, secondo il quale il dell’Istat «indica che il mercato continua a registrare oscillazioni congiunturali legate ad una situazione economica che presenta ancora incertezze», ma si conferma «la tendenza positiva nel medio periodo». Controbatte il capo dei deputati di Forza Italia, Renato Brunetta: «L’Istat certifica il flop del Jobs act e conferma che la creazione di posti di lavoro è drogata dagli incentivi. Ora calano gli incentivi e crollano gli occupati». Secondo la Cisl, infine, «continua l’altalena dei dati mensili» mentre «la riforma del lavoro nel suo complesso sarà vincente solo se si delineerà un quadro di ripresa effettiva e di investimenti».
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