giovedì 25 ottobre 2012
Un rapporto riservato dell’Alleanza delle cooperative denuncia effetti drammatici su occupazione e prestazioni erogate, dopo l’aumento dell’Iva sulle coop sociali: esuberi in vista per il 10% degli addetti. Lombardia la regione più colpita Si ridurrà ancora l’assistenza per minori, anziani e disabili.Guerrini (Anci): «Impossibile andare avanti così»
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​Immaginate un Paese in cui a poco a poco spariscono asili nido e presidi socio-sanitari, in cui l’assistenza domiciliare agli anziani è negata e per minori e disabili si cancellano figure educative essenziali. È l’Italia o la Grecia? Non è un’esagerazione evocare uno scenario del genere anche per la nostra penisola. Lo rivela un rapporto riservato elaborato in questi giorni dall’Alleanza delle cooperative italiane, realizzato allo scopo di misurare gli effetti che l’aumento dell’Iva per la cooperazione sociale potrebbe avere sul settore.I numeri sono drammatici: senza modifiche alla Legge di Stabilità, mezzo milione di famiglie rischia di vedersi tagliare servizi fondamentali relativi all’assistenza di anziani e disabili, tossicodipendenti e malati di Aids, minori e giovani a rischio. «A parità di prezzo sostenuto dalla pubblica amministrazione, l’unica via di uscita non può che diventare la riduzione dei servizi sociali» spiega Giuseppe Guerini, presidente di Federsolidarietà Confcooperative, nonché portavoce dell’Alleanza delle cooperative italiane. Non a caso il primo campanello d’allarme, una volta stabilite le linee guida sull’aumento dell’Iva, è suonato proprio in virtù della stangata economica che si profila all’orizzonte: 500 milioni di costi in più, il 30% dei quali a carico proprio delle famiglie coinvolte. Ma i conti non finiscono qui: se i servizi non potranno essere più garantiti, salteranno anche i posti di lavoro. Decine di migliaia: si va da un minimo di 20mila a un massimo di 42.800 persone.A pagare di più sarà la Lombardia, dove circa un lavoratore su dieci può trasformarsi in un potenziale esubero: in valore assoluto, i posti in discussione vanno da 3.700 a 7.900. Tra le regioni più colpite, seguono poi l’Emilia-Romagna (la forbice è 2.500-5.500) e il Piemonte (2.300-5.000). «I tagli potrebbero raddoppiare per via di un’ulteriore riduzione del 10% sui contratti in corso, imposti agli enti del servizio sanitario e alle amministrazioni periferiche» osserva Guerini. Serve a poco ricordare a chi lavora nel mondo della cooperazione sociale che, in cambio dell’incremento sull’Iva, arriverà un abbassamento delle aliquote Irpef. Meno tasse in cambio di meno servizi? No, grazie. «Il problema più grave resta l’iniquità, che è molto forte e che non si giustifica neppure con l’impegno assunto a ridurre le tasse sui soggetti più deboli. I soldi risparmiati in un modo usciranno poi, con nuovi aumenti, per pagare i servizi necessari all’assistenza delle persone più fragili». Prendiamo il caso di un nucleo familiare con in casa un anziano non autosufficiente o un ragazzo con problemi psichici a cui viene tagliata improvvisamente l’assistenza domiciliare o le ore di apertura del centro diurno. Ecco, questa famiglia potrebbe vedersi costretta a portare i familiari in un istituto o una Rsa. A quanto ammonterebbero i costi ulteriori per il ricovero, a carico delle casse degli enti locali?«Se c’è un limite forte nell’azione di un governo che ha avuto molti meriti – osserva Guerini – è proprio quello di non riuscire a leggere in profondità questi fenomeni. È la visione di un sistema di welfare considerato come residuale, quasi che i servizi sociali sottraessero soltanto risorse». In realtà, la cooperazione sociale contribuisce alla creazione di ricchezza per una parte pari al 2-2,5% del Pil nazionale. Neppure la motivazione addotta dall’esecutivo, secondo cui la maggiore Iva sulle coop è un provvedimento chiestoci dall’Europa, alla fine regge. «In realtà il 19 ottobre l’Ue ha solo aperto una consultazione in materia – fa notare il portavoce dell’Alleanza delle cooperative – e l’Italia non può deporre le armi prima di combattere».Nel frattempo, la preoccupazione per gli effetti del provvedimento e per le sue ricadute sociali e occupazionali è evidente e ai timori degli operatori si affiancano quelli dei Comuni, primi avamposti istituzionali a dover fare i conti con la crisi. «Se non cambierà nulla, nei prossimi mesi assisteremo a uno stillicidio – prevede Guerini –. Posti di lavoro cancellati, appalti che sfumano. C’è poco tempo per evitare una nuova emergenza».
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