mercoledì 9 luglio 2014
La stragrande maggioranza (85%) delle segnalazioni arriva dalle banche e solo il 4% dai professionisti.
Necessaria è la cura di Luigino Bruni
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La holding del riciclaggio prolifera. È un’industria che non conosce crisi e, anzi, proprio negli anni della grande crisi ha visto crescere il "giro d’affari". Questo, almeno, stando al rapporto annuale (il primo presentato pubblicamente nel nuovo centro conferenze della Banca d’Italia) dell’Uif, l’Unità di informazione finanziaria che dal 2008 è "inquadrata" presso l’istituzione di Via Nazionale. Balzano le segnalazioni ricevute, a 65mila circa, in linea con l’anno precedente ma quintuplicate rispetto al 2007. Salgono anche gli importi complessivamente segnalati, a quota 84 miliardi. E la tendenza è a un’impennata ulteriore: nei primi 6 mesi del 2014 si sono già accesi i fari su altre 38mila "operazioni sospette". Fra le quali prendono sempre più quota sia i casi di usura, alimentati proprio dalla recessione, con un «raddoppio rispetto al 2012», sia quelli di corruzione, con circa 600 segnalazioni "dubbie" sulla corretta destinazione di finanziamenti pubblici.Sono eclatanti i numeri illustrati ieri dall’Uif sul riciclaggio che, stando alle ultime stime del Fmi, "vale" in Italia il doppio rispetto alla media europea. Lo sono anche per un altro aspetto: le segnalazioni provengono in larghissima parte (l’85%) da banche e Poste, mentre si mostrano "renitenti" i professionisti e gli altri operatori finanziari. E, soprattutto, è infinitesimale l’apporto degli uffici della Pubblica amministrazione. Un dato, questo, che si salda ai risvolti "politici" del rapporto, in cui si evidenzia che «numerosi casi hanno riguardato il riciclaggio dei proventi di reati lesivi di interessi pubblici o ascrivibili a persone politicamente esposte», eletti o funzionari pubblici con una anomala sproporzione fra tenore di vita e il reddito.Mali antichi in un Paese che, osserva Claudio Clemente, direttore dell’Uif, «presenta radicati problemi di legalità» e dove i passi avanti compiuti sono solo una «solida base», non ancora un «traguardo finale». D’altronde si tratta di segnalazioni che, nella metà dei casi, sono ritenute "valide", meritevoli cioè di approfondimenti investigativi. Le azioni dell’ Uif costituiscono molto spesso la base per indagini della magistratura, con cui «i rapporti sono intensi». E sempre nuovi sono gli strumenti della "finanza creativa" utilizzati per mascherare la corruzione: dalle catene societarie all’estero ai trust, oltre all’utilizzo di denaro contante con maxi-versamenti. Una quota definita «di tutto rilievo» di questi flussi prende poi la destinazione dei centri off-shore, i quali registrano un volume di movimenti finanziari «più elevato di oltre il 30% rispetto a quanto giustificato» dai loro dati economici. Fondamentale è quindi, secondo Clemente, «contrastare una possibile "zona grigia" di operatori disponibili a rendersi strumento del riciclaggio». La lotta impone quindi «una scelta di campo fra il rifiuto del riciclaggio e la disponibilità alla connivenza», escludendo il «preferire non vedere o non sapere». Quanto agli strumenti a disposizione, la Uif chiede una riforma delle norme italiane che «non prevedono l’accesso della stessa unità ai dati investigativi e giudiziari».
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