giovedì 6 marzo 2014
Il settore dà lavoro a 5.500 addetti. impiegati in 80 Pmi specializzate. Quello tra Bari e Lecce è il terzo in Italia, ma ha registrato la maggiore crescita: un miliardo di fatturato e 179 milioni di investimenti.
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Investire sulle nuvole. Perché lo spazio non è solo quell’infinito cielo nero puntinato di luci lontano da noi. È invece un’occasione, soprattutto per l’Italia delle piccole imprese, per lanciarsi nel mondo dei satelliti e delle sofisticate tecnologie robotiche. E per i giovani, poi, il modo per trasformarsi in uomini delle stelle.Un business che a livello nazionale vale oltre 8 miliardi di euro e impiega quasi 40mila persone, oggi diventato importante acceleratore della rinascita del Sud. Lo dimostra l’esperienza pugliese che, rispetto al +18% di export italiano, ha registrato nel 2012 una percentuale doppia di prodotti aerospaziali commercializzati oltre confine, pari a 400 milioni di euro. Non è il più grande distretto italiano del settore (in testa rimangono Piemonte e Lombardia), ma è certo quello che nel breve periodo ha avuto la migliore performance di mercato. Qui il comparto conta 80 aziende, genera un miliardo di fatturato, attira capitali e investimenti (soprattutto regionali) per 179 milioni. Dal 2010 al 2013, inoltre, l’occupazione spaziale è cresciuta del 40%, passando da 3760 addetti a 5500. Un trend positivo che ha coinvolto soprattutto le Pmi, i cui addetti sono aumentati del 146% e i laureati saliti dal 14 al 21%.Il segreto? L’aver puntato sulle Pmi che rispondono meglio alle specializzazioni di nicchia dell’aerospaziale (il programma regionale integrato di agevolazioni è diretto principalmente a loro), sul triangolo ricerca-innovazione-internazionalizzazione, sull’idea di distretto produttivo e tecnologico aerospaziale pugliese, oggi una sinergia di 50 imprese, 9 università e centri di ricerca che valgono 50 milioni di euro e impiegano 500 persone. La peculiarità di questo territorio, infatti, è proprio l’alto numero di Pmi che negli ultimi anni si sono riconvertite allo spazio, dopo aver investito nella ricerca. «Sono quelle più flessibili per rispondere alla manodopera altamente specializzata» spiega l’assessore regionale allo Sviluppo economico Loredana Capone, organizzatrice del workshop internazionale Space4you che si chiude oggi a Bari. Non è dunque tanto importante la dimensione aziendale, piuttosto «la capacità di aggregazione delle imprese che si mettono in rete per costruire la filiera produttiva». Quel low business sinergico e consorziato, insomma, a cui guarda molto anche l’Europa nelle linee tracciate dal programma d’investimenti Horizon 2020. Ne sono esempio realtà come la Giannuzzi srl, azienda con sede a Cavallino (Lecce) fino a sei anni fa specializzata nel tessile, che ora è tra i principali produttori d’interni per aeromobili (i suoi clienti sono EadsSogerma, AgustaWestland, AleniaAeronautica, Pzl) ed esporta il 35% della sua produzione tra Francia, Germania e Polonia. O la Blackshape di Monopoli (Bari), una società giovane che ha scelto di puntare sugli aerei da turismo usando le fibre di carbonio, premiata nel 2013 per aver costruito il biposto migliore del mondo nella categoria ultralight. Una smart specialization, la definiscono gli addetti ai lavori, che sta portando gran parte delle università pugliesi a creare nuovi esperti in questo materiale. «Formazione e impresa sono strettamente connesse», spiega l’assessore Capone; basta pensare a esperienze come Gap s.r.l (Geophysical applications pProcessing) lo spin-off del Politecnico di Bari che realizza prodotti e servizi innovativi nel telerilevamento, o il fatto che «l’istituto tecnico post diploma in aerospazio e meccatronica ha un tasso di occupabilità del 100%, visto che qui si formano proprio le figure professionali che servono all’impresa».
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