sabato 24 gennaio 2015
​Tedeschi all'attacco del piano della Bce: il capo della Bundesbank Weidmann critica gli effetti del piano.
Da Draghi occasione che non va sprecata di Leonardo Becchetti
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Sarà vero che, come ha spiegato Mario Draghi in conferenza stampa, all’interno del consiglio direttivo della Banca centrale europea il consenso sul lancio del quantitative easing è stato così ampio che non è stato nemmeno necessario mettere ai voti il 'bazooka'. Ampie, però, sono anche le differenze di vedute tra i diversi banchieri centrali della zona euro. Anzi, il lancio del QE che fa soffrire i rigoristi tedeschi ha portato a livelli inediti il livello di litigiosità tra i membri del consiglio direttivo della Banca centrale.  L’italiano Ignazio Visco è sempre più il leader – paradossalmente poco pacificico – delle cosiddette colombe. Volato da Francoforte a Davos per partecipare al World Economic Forum, il governatore della Banca d’Italia ha dato un’intervista a Bloomberg Tv  per sottolineare – con l’aria sorridente di chi ha vinto la sua battaglia – tutte le caratteristiche del QE più sgradite ai tedeschi: ha ricordato che gli acquisti di titoli non finiranno per forza a settembre del 2016, dato che il piano è «senza limiti di tempo» ma legato all’obiettivo dell’inflazione; quindi ha scherzato sulla non convenzionalità di questa misura («che cosa c’è di più convenzionale per una banca centrale che stampare moneta?» ha chiesto il governatore) e infine ha ribadito che per lui nella zona euro bisogna «condividere i rischi». Nel ragionamento del banchiere centrale italiano il QE non è tanto l’arma finale della Bce, quanto «un buon punto di partenza».  Tutto il contrario di quello che Jens Weidmann, il governatore della Bundesbank, ha detto in un’intervista alla Bild che uscirà oggi. Il banchiere centrale tedesco, secondo le anticipazioni diffuse già ieri, ha ricordato che «il programma di acquisto di titoli di Stato da parte della Bce non è uno strumento come gli altri» perché «comporta dei rischi», dopodiché ha aggiunto un avvertimento: «Il punto della questione è che, con il nuovo programma, le banche centrali del sistema Bce diventeranno tra i principali creditori della zona euro. Questo comporta il rischio che le politiche di consolidamento fiscale vengano messe da parte. E potrebbe aumentare la pressione politica su di noi perché manteniamo i costi di finanziamento bassi per un lungo periodo di tempo». Nel caso ci fossero stati dei dubbisu quali paesi europei lo preoccupano, Weidmann è stato esplicito: «È chiaro che l’acquisto di titoli riduce le pressioni su Francia e Italia perché facciano le riforme». Riportati a Visco dai giornalisti a Davos, i timori del presidente della Bundesbank sono stati liquidati in maniera sorprendentemente sbrigativa dal governatore italiano: «No – ha risposto Visco – non è così». L’etichetta dei banchieri centrali non era mai stata così trascurata. Il presidente francese François Hollande, anche lui al vertice dei potenti nella gelida cittadina svizzera, è stato più diplomatico. Non è vero che il QE permetterà a Parigi di non fare le riforme, ha spiegato, «anzi, ci obbliga ad essere più audaci».  E almeno su questo, cioè sul fatto che, Bce o meno, le riforme vadano fatte, tutti – a parole – sono d’accordo. Lo stesso Draghi lo ha ripetuto, una volta ancora, a Francoforte: spetta a chi governa di creare l’ambiente giusto per crescere. Rassicurazioni dirette ai tedeschi che infatti sono piaciute a Wolfgang Schäuble , ministro delle Finanze di Angela Merkel. «Se ho capito bene anche il presidente della Bce Draghi non crede che la politica monetaria spinge la crescita. Questa spetta ai governo. Se facciamo confusione c’è il rischio non si faccia comprendere cosa devono fare governi e parlamenti » ha commentato il ministro tedesco, anche lui a Davos. Il QE, insomma, non è un libera tutti. Questo vale per Italia, Francia ma soprattutto per la Grecia. «Se ho capito bene – ha detto ancora Schäuble giocando a fare lo gnorri – se la Grecia rifiuta il programma (della troika, ndr) non farà parte del QE».
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