sabato 25 giugno 2016
​Fitoussi: governanti a corto di argomenti, mentre il rigore va allentato.
«Senza un cambio politico l'Ue sparirà»
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«È un momento triste, anche se da anni prevedibile. Si tratta di uno choc molto negativo, sul piano economico certo, ma forse soprattutto su quello politico. Ho l’impressione che le probabilità di una fine dell’Europa siano aumentate». Non tiene a edulcorare la propria amarezza l’economista francese Jean-Paul Fitoussi, docente anche alla Luiss di Roma e fra le voci europee più autorevoli nel dibattito sulle politiche economiche Ue, ma anche sui rapporti fra democrazia e sviluppo economico. Lo raggiungiamo mentre si trova proprio in Gran Bretagna. La mazzata Brexit era prevedibile? Sì, largamente prevedibile fin dalle ultime elezioni europee, con segnali visibili in realtà da almeno 15 anni. Ma gli esecutivi non hanno modificato nulla nelle loro politiche. I popoli europei si sono ritrovati come mai prima irritati verso i governi. Dove si avvertiranno gli effetti economici più dolorosi? Conosciamo i rischi, ma nessuno può prevedere ancora chi pagherà maggiormente. Stiamo assistendo a grandi flussi di capitali sul mercato dei cambi, con la sterlina in caduta. Si acquistano euro francesi e tedeschi, buoni americani del Tesoro. Ciò tende a far calare il tasso d’interesse in Germania e può accrescere lo spread nei Paesi del Sud dell’Europa. La Bce può contenere la crisi? Cercherà di aggiustare le cose, come ha già mostrato di saper fare. Occorre evitare un concatenamento di catastrofi. Ma non potrà farlo da sola, senza che i responsabili politici assumano le loro responsabilità, cessando di fare dell’Europa un terreno di rigore e stagnazione. Un mix azzeccato di politiche monetarie e di spesa pubblica potrebbe permettere all’Europa di scampare al peggio. Ma occorre un vero cambiamento strutturale, il quale non può consistere nella flessibilità del mercato del lavoro. Si devono invece rifondare le istituzioni  europee, per orientarle verso una maggiore democrazia. In che senso il crollo dell’Europa le pare oggi meno irrealistico? Innanzitutto, assistiamo alla dimostrazione concreta che si può lasciare l’Europa, anche se in realtà su questo punto non tutto è ancora deciso, dato che in ogni caso l’uscita britannica sarà un’operazione complicata. La modalità che l’Inghilterra sceglierà avrà conseguenze decisive sul rischio d’emulazione nelle altre popolazioni. In proposito, sono ormai molti i partiti in Europa che hanno voglia di prendere questa strada. In Olanda, innanzitutto, ma anche nei Paesi dell’Est. Una grossa matassa. Questa tendenza all’uscita si osserva tanto all’interno, quanto all’esterno dell’eurozona. Ci attende una fase intensa di campagne demagogiche, proprio in un periodo con molte elezioni in vista. Un’ondata populista. Ma il problema è che finora chi governa non ne ha tenuto conto. Di certo, non la Germania. Le responsabilità di questo risultato vanno al di là di Londra? Certamente. Bruxelles, ad esempio, si è rivelata totalmente incapace di proporre una politica d’immigrazione. Lo stesso si può dire di Berlino e Parigi. C’è una responsabilità collettiva. Per ragioni diverse, sono state condotte politiche talmente infauste che i popoli hanno voglia di sbarazzarsi dei propri governanti. Purtroppo, il modo più semplice consiste nel mirare dritto innanzitutto contro il bersaglio dell’appartenenza all’Unione, la quale non ha smesso di mostrare un volto orripilante. Come innamorarsi ormai dell’Europa? Oggi, il popolo inglese mette il sigillo su una deconnessione molto più vasta fra vertici europei e popoli. A Berlino, si terrà lunedì un incontro fra i principali leader europei. Un po’ tardi? Temo che i leader siano a corto d’argomenti e si sentano responsabili. In proposito, sarebbe opportuno un mea culpa. Ma occorre subito soprattutto una vera dichiarazione comune con della sostanza. Anche Matteo Renzi dovrebbe agire, cogliendo l’occasione per incollare i cocci europei. C’è pure chi parla di una possibile 'crisi salutare'…L’Europa è con le spalle al muro. O trova la forza per un balzo in avanti a livello politico, o rischia di scomparire.
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