giovedì 26 febbraio 2015
Sms per chiedere consigli agli esperti. Si parte a marzo. si tenta prima con il ddl, ma il decreto è pronto.
Il premier sfida il Pd. Bersani gelido: così non va
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«Mi mandi tre idee per rivoluzionare la Rai?». È l’sms che Matteo Renzi e la sua ristretta cerchia di fedelissimi stanno inviando nelle ultime ore a esperti di televisione, professori universitari, ex dirigenti di viale Mazzini e direttori storici che conoscono perfettamente meccanismi e dinamiche interne alla macchina del servizio pubblico radiotelevisivo. Il segretario del Pd, infatti, è pronto a mettere mano, con una riforma ad hoc, alla tv di Stato. «Si parte a marzo, dopo la scuola», ha già detto ufficialmente. Per orientarsi, però, sta facendo incetta di consigli autorevoli. Ascolta pareri, accetta di buon grado ogni suggerimento, valuta diverse soluzioni prima di scegliere il 'come' e il 'dove' intervenire. Lo scorso fine settimana, a esempio, al termine della registrazione della puntata di In mezz’ora, il presidente del Consiglio si è intrattenuto per qualche minuto a conversare con Lucia Annunziata. «Lei che questa azienda la conosce bene e da tempo, come la cambierebbe? » ha domandato al direttore dell’Huffington Post e già presidente della Rai. Come un alunno diligente, il premier prende virtualmente appunti e cerca di immagazzinare informazioni utili. Ascoltate tutte le più disparate proposte di modifica, però, è quasi giunto il momento di passare alla pratica. Le idee su come dovrà essere la Rai che verrà sembrano essere piuttosto chiare. «Voglio un’azienda fuori dal controllo dei partiti, con una governance,  snella senza sprechi inutili e allo stesso tempo competitiva e di altissima qualità », anticipa Renzi nelle conversazioni private con i suoi. «La Rai deve essere il motore dell’identità educativa dell’intero Paese », è il sogno dell’inquilino di Palazzo Chigi. Come realizzarlo? Ci sono due strade. La prima - decisamente più 'morbida' - è quella che prevede la presentazione di un disegno di legge entro i prossimi dieci giorni, probabilmente in occasione del Consiglio dei ministri del 6 marzo. La seconda assai più complicata e politicamente 'esplosiva' - è quella del decreto legge. E potrebbe essere presa in considerazione nel caso in cui le forze di opposizione dovessero alzare le barricate in Parlamento. Comunque, il premier vuole chiudere la pratica Rai in fretta. Al massimo nel giro di cinque mesi. «L’obiettivo è varare la riforma entro l’estate», spiega una fonte vicina al capo del governo. Il fattore tempo sarà un elemento determinante nella scelta dell’esecutivo, come confermano le parole in chiaro della vicesegretaria del Pd, Debora Serracchiani: «Ci sono tutte le condizioni per un intervento sulla Rai che è necessario, anche con il contributo del Parlamento se ce ne sarà la possibilità». Ad aprile il Cda approverà il bilancio, prima di scadere il mese successivo. Si pensa di concedere una proroga al massimo di altri 60 giorni al direttore generale Luigi Gubitosi e alla presidente Anna Maria Tarantola, per poi procedere alla nomina del nuovo Consiglio di amministrazione con criteri diversi da quelli previsti dalla 'legge Gasparri'. Da Forza Italia al Movimento 5 Stelle, però, le opposizioni hanno già annunciato battaglia: pretendono che una riforma tanto delicata debba uscire fuori dopo un confronto in Parlamento. Non certamente ricorrendo alla decretazione d’urgenza, strumento stigmatizzato anche dalla presidente di Montecitorio Laura Boldrini. Ma, al di là dei tempi e delle modalità, qual è la Rai che vuole disegnare Renzi? Quasi sicuramente ci sarà una cura dimagrante per il Cda, ridotto a 5 membri rispetto ai 9 attuali. Inoltre i consiglieri e l’amministratore unico potrebbero non essere scelti più dal Parlamento, bensì da un’apposita fondazione, come prevede una proposta di legge depositata e firmata da Michele Anzaldi, deputato del Pd e segretario della commissione di Vigilanza Rai. «Sarebbe un metodo trasparente – spiega Anzaldi – che prevede bandi di concorso per arrivare a scegliere profili di altissimo livello e lontani dalla politica». Intanto nel Cda in programma oggi a Milano verrà discusso - per poi essere messo al voto, probabilmente non subito ma nella prossima riunione dei consiglieri - il 'piano Gubitosi' per il riassetto dell’informazione: due newsroomcon l’accorpamento da una parte di Tg1-Tg2 e Rai Parlamento e dall’altra di Tg3, Rainews24 e Tgr. Secondo le stime dell’autore del piano, si dovrebbero risparmiare in questo modo circa 70 milioni di euro. Il punto è vedere quando sarà operativo e, soprattutto, visto che c’è un Cda in scadenza, a chi spetterà il compito di fare le nomine dei nuovi responsabili delle maxi-testate. Comunque il progetto del direttore generale, come annunciato da Pier Carlo Padoan (azionista al 95 per cento della Rai in quanto ministro dell’Economia), «va nella giusta direzione». Un’osservazione che fa intuire, dunque, come il dossier sia condiviso (nei contenuti) anche da Palazzo Chigi. A Saxa Rubra, invece, sono sul piede di guerra. Dai direttori ai redattori, nella cittadella dell’informazione Rai si respira un clima di seria preoccupazione: «Non siamo attaccati alla poltrona e non siamo contrari alla riforma perché vogliamo difendere i nostri presunti privilegi (che in realtà non esistono). Siamo davvero allarmati, invece, per il futuro e la qualità del prodotto informativo Rai», raccontano. «Il vero obiettivo del governo sembra essere quello di voler smantellare un servizio informativo che raccoglie ben il 44% dello share, più del doppio di tutti i tg Mediaset e La7 messi insieme - aggiunge il direttore di un Tg Rai che chiede di mantenere l’anonimato -. Ma come si fa soltanto a ipotizzare che un unico direttore possa fisicamente occuparsi del lavoro di tre o quattro redazioni di telegiornale? È pura follia. Finora non si è discusso della linea editoriale e della mission delle singole testate, ma solo di costi». Eppure, si sottolinea nei corridoi, già da anni ormai, c’è stato un netto contenimento delle spese: «Se prima uscivano cinque troupe ora ne esce una sola che fa il giro 'delle sette chiese', le trasferte sono state sensibilmente ridotte, i giornali cartacei sono stati sostituiti con abbonamenti digitali…». Semmai, suggeriscono da Saxa Rubra, «bisognerebbe andare a fare le pulci ai programmi informativi della Rete, dove tra contratti esterni e altre spese superflue c’è davvero tanto da tagliare».
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