martedì 6 ottobre 2015
Un pacchetto di 15 misure globali per bloccare chi aggira il Fisco. Gurria: «Sarà il più grande cambiamento degli ultimi cent'anni».
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«Sarà il più grande cambiamento alle regole fiscali internazionali da un secolo a questa parte...». Pur non essendo un habitué del ricorso alle iperboli, ieri a Parigi il segretario generale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici José Ángel Gurría ha ribadito l’espressione venata d’ottimismo usata un anno fa nel vertice di Cairns in Australia, per annunciare la versione 'completa' del pacchetto di misure per la lotta all’elusione fiscale denominato progetto «Beps» (acronimo dell’espressione inglese «Base Erosion and Profit Shifting»), messo a punto dall’Ocse in sinergia con gli Stati del G20 e con oltre 60 Paesi partner fino ad arrivare a una novantina di Nazioni. Il pacchetto comprende 15 «azioni» (7 delle quali già concordate nel 2014) per «contrastare l’elusione e l’ottimizzazione fiscale» da parte delle grandi aziende. Un fenomeno che, per l’Ocse, è stimabile «tra il 4% e il 10% del gettito globale» a livello di mancati introiti in imposte sul reddito delle società, ovvero tra i 100 e i 240 miliardi di dollari l’anno». Il piano, aveva osservato un anno fa Gurría, è stato pensato soprattutto per restringere i margini d’azione di quelle multinazionali, come Google, Apple e Amazon, che ricorrono a strategie legali per eludere il fisco nazionale. Il pacchetto comprende misure contro trasferimenti finanziari fittizi, indebite deduzioni di interessi e filiali fantasma, oltre a un sistema di monitoraggio dei risultati. È incluso un capitolo sull’adeguamento dei sistemi fiscali all’economia digitale e si prevede di colmare le lacune normative internazionali e nazionali che alcune società, presenti in più Paesi, sfruttano per inabissare gli utili o per pagare al fisco cifre esigue. Inoltre, c’è un impegno al «miglioramento dei meccanismi di risoluzione delle controversie» per evitare «incertezze » ai contribuenti onesti.  Sul pacchetto c’è per ora «un accordo tecnico » in seno al G20 e con i 60 Paesi partner del programma, «con uno straordinario sostegno politico», fa sapere il direttore della divisione tasse dell’Ocse, Pascal Saint-Amans, illustrando la road map dei prossimi mesi. Il primo passo sarà il sostegno «politico» del vertice di Lima in Perù, dove si riuniranno dopodomani i ministri delle Finanze del G20. Una volta ottenuto quell’endorsement, i provvedimenti saranno esaminati dai capi di Stato e governo del G20, nel vertice previsto ad Antalya, in Turchia, a metà novembre. Alla fine del percorso, il progetto potrebbe includere quasi una novantina di Stati in tutto il mondo, che saranno chiamati a ratificarlo nel 2016. «Un’attuazione rapida garantirà un ambiente fiscale internazionale più certo e più sostenibile per il bene di tutti», osservano all’Ocse. Le nuove norme puntano a evitare che, agendo in una cornice legale, alcune grandi multinazionali (spesso nate nella californiana Silicon Valley), spostino enormi profitti nei paradisi fiscali, riducendo ad esempio la base imponibile con transazioni tra società affiliate o consentendone la dichiarazione in Paesi (dalle Bermuda alle Cayman al Lussemburgo...) dove molte compagnie hanno scarsa presenza concreta. «Il mondo delle tasse non sarà più lo stesso», assicura Saint-Amans, teorizzando l’avvento di una «nuova era» in cui «le aziende dovranno cambiare paradigma e business plan», perché molte pratiche diverranno «vera e propria evasione fiscale, non elusione, e non saranno più legali». L’annuncio è salutato con favore anche a Bruxelles: «È una pietra miliare verso una trasparenza e un’efficienza fiscale migliore – commenta il commissario europeo agli Affari economici Pierre Moscovici –. Ora dobbiamo assicurarci che le nuove misure siano attuate in modo efficace, con condizioni eque per le imprese e i Paesi coinvolti».
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